Ho seguito da lontano la “questione Torrione angioino“.
Non certo per spocchioso distacco, ma per naturale distanza da social network e dintorni, nei quali ancora non ho trovato posto.
Tuttavia, più nolente che volente, sono stato raggiunto dall’eco della vicenda.
Che qui provo a riassumere.
Nel corso del Summer Comics festival, che si è tenuto nel maschio succitato, fra quegli spazi austeri sono state sistemate bancarelle adibite alla vendita di fumetti e gadget relativi.
L’ex sindaco Nicola Pice ha postato su facebook – no, pure lei… – una foto dell’immagine mercataiola seguita da uno sconsolato sospiro: “No, non è possibile…“.
Come spesso accade negli ambiti internautici, si scatena la ridda di commenti ad ogni frase o istantanea che compaia su una bacheca, specie se prestigiosa come quella del prof.
E così è stato.
Tranne un paio, quasi tutti si schieravano con la forza rivoluzionaria dei comics, che pareva soffiassero via il manto di polvere dal mesto bastione secolare.
Evviva le vignette con le nuvole, parevano gridare al mondo paludato i nuovi futuristi butuntini.
Mah…
Lungi da me, adorante la saga bonelliana di Aquila della Notte, una pur minima critica al cosmo fumettaro, peraltro già riscattato e sublimato nel novero delle opere d’arte da un Rauschemberg o un Wharol.
Tuttavia, credo che una riflessione la si debba rassegnare.
Anzi, vi conterò, gentili lettori, una storiella che mi sembra emblematica della breve esclamazione di Nicola Pice.
Anni fa, più di tre lustri, certo, al termine del giuramento della prima giunta presieduta dallo stesso professore, lui ed i suoi collaboratori si recarono dinanzi al Torrione angioino.
Quello che oggi per noi è un fiore all’occhiello ed un monumento addirittura fruibile, in quei giorni lontani almeno quanto l’età di un ragazzino che partecipa alla movida, era un ricettacolo di guano e rifiuti.
Un coso off limits per tutti, in pratica.
Pice condusse i suoi proprio lì e, facendoli affacciare dal terrazzino, tenne l’orazion picciola: “Vedete, di qui rinascerà la nostra città“.
Ecco, la rinascita di quel contenitore culturale aveva un significato simbolico notevolissimo, designando anche l’incipit di un Rinascimento di tutto il centro storico, fino a qualche decennio fa immerso nel medioevo più oscuro.
Era la traccia di una visione strategica della città in un’ottica turistico-culturale.
Dunque, “est modus in rebus”, avrebbero consigliato i padri togati.
Ci vuole misura in tutte le cose.
Passi la modernità, ma mai dimenticare la nostra storia.
La memoria è dolorosa (perché costa fatica e non è mai comoda), ma necessaria, cari amministratori.
Persino sfrattare brutalmente Matteo Masiello, che pure aveva esagerato nel monopolizzare il primo piano del Torrione, non è stato un bene. Trattasi pur sempre di un maestro di fama internazionale, che molti ci invidiano.
Non era meglio trovare una soluzione di compromesso?
E’ vero, non mi entusiasmavano proprio tutte le sue tele, però vedere le pareti della galleria nude mi ha causato un effetto malinconico che mi ha fatto tornare indietro appunto di tre lustri o giù di lì…