Per tanti Gabriele D’Annunzio è quell’aviatore matto che trasvolava cieli infiniti per imprese eroiche (e freniamo la “t” che vorrebbe sbucare fra le due vocali adiacenti), che scriveva opere sovrabbondanti e retoriche, che rappresentava il fascismo persino più e meglio della “bazza prominente”.
E’, insomma, l’autore “decadente” per eccellenza, quello del “vivere inimitabile“.
Eppure, dell’artista pescarese c’è un periodo non sempre scandagliato con dovizia, quello cosiddetto “della bontà”, quando si faceva sentire segnante l’influenza di giganti della letteratura quali Zola e Dostoevskij.
Di questa fase della sua parabola creativa fa parte “Giovanni Episcopo“, racconto d’un cuore indelebilmente ferito e irrimediabilmente perduto in un labirinto di dolore.
“E’ un’opera che colpisce, perché narra di un uomo buono che compie un delitto efferato a causa dell’amore per il figlio e della gelosia per la moglie. Autentico dramma della solitudine e della emarginazione sociale, è la storia di un individuo sempre alla ricerca di una identità sociale, con quel che comporta la delusione di questa vana questua e con un timido accenno alla speranza che sia il bene a trionfare, incarnato dalla rondine, simbolo di libertà“.
Ad illustrare il romanzo dannunziano è il prof. Nicola Fiorino Tucci, presidente dell’Associazione docenti Bitontini, che, questa sera, in collaborazione con “Vox Media”, porterà in scena proprio “Giovanni Episcopo” al Teatro dell’Istituto Sacro Cuore.
“E’ un inetto che per un giorno diventa eroe con un omicidio“, già severo osserva il prof. Luigi Lauta, che sul palcoscenico sarà il commissario che interrogherà il protagonista.
Ad interpretarlo, il prof. Peppino Ricci, che propone di “approfondire nei programmi scolastici aspetti spesso sottovalutati di grandi autori, andando oltre le comode etichette dei libri di testo, magari attraverso la lettura diretta dei loro capolavori“.
Dunque, non resta che gremire la platea dell’auditorium della scuola suddetta.
Sipario ore 20.