«Giovani e lavoro sono termini quasi ossimorici, in questi
tempi, visto il dato di disoccupazione allarmante».
Ha aperto così il
dibattito di ieri sera il segretario del Partito
Democratico bitontino, Biagio Vaccaro.
Sempre più
raramente, infatti, ci sono giovani intenzionati a lasciare il loro focolare domestico, comprare
una casa, creare una famiglia. Nemmeno nelle ipotesi.
Da chiunque abbiamo
sentito proferire la frase “i giovani sono il nostro futuro”, pochi hanno
compreso che siamo anche il presente di questa realtà piuttosto oscura.
«Chiediamo aiuti dallo stato, dagli adulti che devono
poter riservare concretezza d’aiuto nei nostri confronti, ma a livello
bitontino? – apre con una
domanda il suo intervento Elisa Saracino, coordinatrice dei Giovani Democratici -. Il problema non è solo il lavoro che
manca ma soprattutto il lavoro nero, tanto diffuso, che sta causando sempre più
la fuga della braccia, e non solo dei cervelli, se teniamo conto di tanti
ragazzi che vanno in Inghilterra per fare i camerieri e in Australia a lavorare
come braccianti agricoli».
L’Italia e il nostro
mezzogiorno appaiono poco competitivi agli occhi non solo dell’Europa, ma anche
del mondo.
Ha parlato con il
cuore e con l’esperienza il dott. Antonio
Moschetta, direttore scientifico dell’Istituto Oncologico di Bari, che ha
raccontato delle proprie esperienze all’estero.
E soprattutto ha posto la seguente domanda: «Quanti
di noi svolgono il lavoro che vogliono praticare? Se il 50% degli italiani
facesse il lavoro che vorrebbe l’Italia sarebbe molto più produttiva. Il
cuore, che spesso viene messo da parte in questo momento di crisi, è il punto, invece, da cui ripartire. Vi porto l’esempio della figlia di un artigiano bitontino, il
mio meccanico, diplomata con il massimo, arrivata sesta al San Raffaele».
Dimostrazione che i sogni ogni tanto si avverano.
Dimostrazione che spesso l’essenziale è crederci ed esserci.
«Dobbiamo mettere da parte il nostro narcisismo, stare accanto a chi sa, “rubando il mestiere”, partendo dal presupposto – ha continuato il medico – che, se non so fare, dovrò imparare. Crisi significa scelta e, in questo
momento, non possiamo fare culto delle ceneri del passato, dobbiamo riaccendere
le fiamme solo toccando e sentendo il cuore. Diceva Pasolini “Piange ciò
che muta, anche per farsi migliore” ed io non vedo i giovani piangere».
Il dato della
disoccupazione risulta però, soprattutto nel mezzogiorno, davvero preoccupante
infatti «il dato che analizziamo – spiega la deputata Pd, Liliana Ventricelli – è che il 40% dei giovani sono disoccupati. Tre milioni quelli che hanno
smesso di studiare e non riescono a trovare lavoro. Al governo, con altri
colleghi under 35, abbiamo lavorato ad una
mozione per il lavoro e disoccupazione giovanile. Ci dicono di far parte dell’Europa
e dunque è lì che devono risiedere anche le risoluzioni ai nostri problemi. Abbiamo
coinvolto tutti i giovani parlamentari europei per analizzare comuni obiettivi e i primi
risultati stanno già giungendo. Sono state stanziate risorse, progetti di
mobilità, si sta cercando di migliorare il ponte che intercorre tra università
e lavoro. Molto spesso si lavora per ciò che non si è studiato. Il pregio di questo governo è che è riuscito
a dare un indicazione chiara verso il mezzogiorno tramite incentivi alle imprese che faranno contratti
a tempo indeterminato per under 29 e ultracinquantenni. Sicuramente saranno due le linee da seguire in governo: l’investimento
per le infrastrutture e quello sulla cultura, sulla creatività attingendo ai
fondi europei, cercando di dare indirizzi nuovi anche a chi a cinquant’anni ha
perso il lavoro».
Spazio poi all’assessore
regionale alle Politiche Giovanili, Guglielmo
Minervini, che ha fatto un chiaro quadro simile all’Urlo di Munch, ma con
qualche tonalità di speranza.
«L’Italia sta rischiando di perdere una intera
generazione. Non abbiamo più certezze e l’unico velo di speranza è quello di
ragionare e rimetterci in gioco. Le carte in tavola, le regole sono cambiate.
Anni fa – e mica tanto,
aggiungo – il mondo del lavoro si faceva
sempre più stretto e così si cercava il modo per sistemare mio figlio, che poteva
essere il figlio di tutti, tramite la persona o la chiave giusta. Quegli spazi vacanti sono spariti del tutto.
La soluzione, qualsiasi essa sia, deve passare attraverso la responsabilità di
ciascuno di noi. La domanda che dobbiamo porci è: cosa di me metto in gioco? Ci
capita di non vedere più ciò che abbiamo, ci siamo accorti tardi che sole e
vento sono risorse straordinarie, che con il centri storici e le coste e la
murgia possiamo fare turismo, che dobbiamo tirar fuori e creare progetti di
sviluppo. Ma una delle fondamentali risorse sono i giovani e non lo dico certo
con retorica».
Una strada tutta in
salita, che ci costringe a far gavetta l’Italia. Ricordava ancora l’assessore
come in India i titolari di cattedra hanno un’età media di 25 anni al contrario
dei nostri Atenei.
Sono spariti
oratori, le botteghe come palestre di vita, «abbiamo
costituito spazi, 161 infrastrutture sociali dove si entra e concretamente si
fanno delle cose, iniziative e fondi per investire sul futuro dei giovani perché
la Regione possa essere per loro una grande famiglia. E poi ancora questa
mattina abbiamo presentato “Laboratori dal basso”, una
cassetta degli attrezzi messa a disposizione dei giovani per costruirsi con la
propria creatività occasioni di formazione. I Laboratori sono percorsi di
apprendimento dal basso, ideati da giovani imprese o associazioni nel tentativo
di accrescere le loro competenze imprenditoriali».
La situazione
sembra essere quella del dopoguerra, anche se purtroppo le guerre ci sono
continuamente, non riuscendo più a distinguere un prima ed un dopo temporale.
Rimboccarsi
le maniche, credere in quello che siamo, in quello che abbiamo in noi, in
quello che sogniamo di essere e diventare.
Un ulteriore aiuto
dalla Regione Puglia ancora in corso è “Ritorno
al futuro”, che finanzia per chi ha concluso il percorso universitario
master in regione, in Italia e all’estero.
Il bando è consultabile sul sito: http://www.sistema.puglia.it/portal/page/portal/PianoLavoro/ritornoalfuturo2013
“È più facile
maledire il buio che accendere un fiammifero” sembrava chiudersi così la serata
ma se le luci dell’uditorio dovevano essere giovani, piazza Unità d’Italia,
ieri è stata sommersa dal buio di cuori che di certo preferiscono stanziare altrove, posare con birre e cocktail tra le mani, e non certo ad ascoltare quando si parla e si vuole investire sul loro, sul nostro futuro.