Erano
gli agenti della polizia penitenziaria a introdurre la droga nel carcere di
Bari– droga ma anche cellulari e cd – in cambio di regali di vario genere e prestazioni sessuali da parte di una escort.
Due agenti della polizia penitenziaria sono stati arrestati ed altri quattro
sono indagati, nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Direzione
distrettuale antimafia di Bari, che ha portato anche all’arresto, in esecuzione
del provvedimento emesso dal gip Alessandra Piliego, di due persone già
detenute.
I reati contestati vanno dalla corruzione,
allo spaccio di droga, al favoreggiamento personale; oltre a tentata evasione,
rivelazione del segreto d’ufficio e abbandono del posto di servizio.
L’inchiesta ha portato alla denuncia complessiva di 9
persone. Le indagini, condotte dalla sezione di polizia giudiziaria della Procura di Bari e dal Nucleo investigativo centrale della polizia
penitenziaria, hanno riguardato oltre agli agenti anche due esponenti della
criminalità detenuti a Bari, Vincenzo
Zonno, di 28 anni, figlio del boss Cosimo, e Nurce Kafilai, cittadino albanese
di 32 anni. Sono loro ad essere stati raggiunti dal provvedimento insieme
ai due agenti.
Gli arresti sono stati eseguiti da agenti della sezione di pg della polizia di Stato, in collaborazione con
la polizia penitenziaria di Bari e Taranto. I fatti contestati nell’inchiesta
denominata ‘infidelis tutor’ e coordinata dalla pm antimafia di Bari Desirée
Digeronimo, si riferiscono agli anni 2008-2012. Secondo l’accusa, agenti
introducevano nel carcere droga e oggetti non consentiti dal regolamento
carcerario (cellulari, farmaci, orologi, cd masterizzati, lettori multimediali)
in cambio di denaro e altri favori (restituzione di veicoli rubati, forniture
di carburante, regali e prestazioni sessuali) in concorso con pregiudicati
affiliati a diversi clan del capoluogo pugliese.
Quanto alle altre nove persone sono indagate, tre di loro sono detenuti
“di alta caratura criminale – si legge in una nota della polizia –
trasferiti per ragioni di sicurezza presso strutture carcerarie fuori
regione”. Tra loro anche un
esponente della Sacra Corona Unita, Salvatore Zonno. L’inchiesta si è
avvalsa di intercettazioni telefoniche e ambientali, video-sorveglianza in
carcere, sequestri, acquisizioni documentali e, soprattutto, delle
dichiarazioni dei collaboratori di giustizia.
FONTE: La Repubblica