Quattro anni, fianco a fianco, a combattere da compagni sul prato. Le battaglie metaforiche che ruotano anche turbinose intorno ad un pallone. Emozionanti e avvincenti. Si vince, si pareggia o si perde: la legge dello sport.
Poi, però, arriva la Bastarda, come la chiamava l’indimenticabile Stefano Borgonovo, la Sclerosi Laterale Amiotrofica – il cosiddetto morbo dei calciatori- e tutto si spegne crudelmente dentro di te. Tutto, tranne la mente, che resta dolorosamente e beffardamente vigile e, allora, la sofferenza si moltiplica, sino alla consunzione definitiva.
È stato, questo, il destino crudele toccato a Leonardo Volturno, capitano storico del Potenza calcio, a cavallo fra gli anni Novanta e Duemila. Al centro del reparto arretrato, con piede saggio e giusta tenacia, guidava la sua squadra.
Accanto a lui, imparava l’arte della difesa Francesco Modesto, giovane bitontino che già assaporava i campi non facili di C e D, approdando persino nella nazionale di categoria.
Oggi, allenatore apprezzato e vice prediletto di Nevio Orlandi, il nostro concittadino ricorda commosso il suo capitano: “Leo era un galantuomo e un maestro. Per noi giovani era un punto di riferimento, perché sapeva abbinare una grande determinazione ad una innata eleganza. Tant’è che punizioni e rigori erano tutti suoi. Roccioso ed equilibrato, era prodigo di consigli per i ragazzi ed era diventato un monumento nella città potentina. Solo un male così perfido poteva metterlo kappaò. Non lo dimenticherò mai“.