Anche a Bari, come in tante città d’Italia, i giornalisti sono scesi in piazza per manifestare contro gli attacchi alla stampa del ministro Luigi Di Maio e di Alessandro Di Battista, che, in occasione del processo del sindaco di Roma Virginia Raggi, hanno appellato i giornalisti come “puttane, infimi sciacalli, pennivendoli”. Un atteggiamento non certo nuovo. Ma questa volta si sono raggiunti toni molto, troppo violenti, soprattutto da parte di Di Battista.
Tanti i giornalisti che si sono riuniti in Corso Vittorio Emanuele, davanti al Municipio di Bari, e si sono mobilitati assieme ad Assostampa e all’Ordine di categoria Pugliese a tutela dell’informazione, della dignità e del ruolo della stampa, riconosciuto dall’articolo 21 della Costituzione.
«Ogni volta che ci sono punti di vista diversi, anche sullo stesso fatto, il governante di turno si ribella, ritenendole scomode, e reagisce infangando un’intera categoria, dicendo che è fatta di pennivendoli e prostitute. Queste semplificazioni sono sintomo di populismo becero che non va bene in una repubblica democratica come la nostra» è il pensiero di Bepi Martellotta, presidente di Assostampa Puglia.
«C’è uno sport nazionale, piuttosto diffuso, soprattutto nei piccoli territori. Cioè il minacciare i giornalisti e gli aspiranti tali. Queste minacce non aiutano il vivere democratico e non aiutano i cittadini a farsi un’opinione corretta di quel che deve essere il lavoro di chi ci governa, di chi detiene il potere. Noi speriamo di continuare a fare il nostro lavoro di cani da guardia della democrazia. Bisogna considerare il lavoro dei giornalisti come uno stimolo, non un attacco. Gli attacchi vengono fatti ai giornalisti. Ci sono giornalisti che vivono sotto scorta, minacciati e sottoposti a processi che spesso finiscono con un nulla di fatto, non essendoci reato di diffamazione e calunnia. Servono solo a spaventarci. Il governo dovrebbe mettere in atto meccanismi contro le querele temerarie. Chi minaccia un giornalista deve pagare» continua Piero Ricci, presidente dell’Ordine dei Giornalisti di Puglia, che ricorda che, a disciplinare l’attività del giornalista, punendo quando sbaglia, «non ci sono solo le regole del diritto civile e penale, ma anche regole interne che sanzionano il venir meno alla deontologia. Siamo impegnati quotidianamente per il rispetto delle regole, ma se le notizie vengono da ogni dove, si perde l’autorevolezza delle stesse. Spesso le false notizie non vengono da chi è tenuto a rispettare delle regole e, in questa marmellata, le accuse vengono rivolte alla nostra categoria. Dobbiamo essere anche autocritici, non cedere alle provocazioni e non cadere nella tentazione dell’insulto, perché da lì si distingue un giornalista da chi non lo è».
A dar manforte ai giornalisti presenti è anche il governatore Michele Emiliano: «Non è facile spiegarlo a chi ha un andamento mentale ridotto, ma è più importante il diritto all’informazione che la stessa attività istituzionale. Lo so che non è facile aver a che fare con giornalisti. A volte è snervante e ci sono volte in cui non si sa se rispondere. Ma questi rompiscatole, se dovessimo subire delle ingiustizie (persino dalla giustizia potremmo subire ingiustizie), possono dar voce a quello che avremmo da dire, alle volte anche rischiando».
Ora, a margine di quanto detto, una riflessione sorge spontanea. In tanti si stanno stracciando le vesti, stanno gridando allo scandalo contro i vergognosi attacchi alla categoria, sintomo di una volontà di trovare categorie contro cui puntare il dito e riversare livore. Giustamente, direi. Il problema è che a manifestare è anche chi a livello locale, in altre occasioni, non è stato da meno di Di Battista.
Quante volte quelle parole sono state urlate anche qui, verso tutta la stampa locale. Urlate da chi non condivide articoli, da chi cova rancori personali o è affetto da bruciori posteriori. Quante volte, anche a livello locale, si subiscono pressioni. Si subiscono attacchi da chi sputa veleno ad orologeria, quando non apprezza un articolo (poi magari si esprimono falsi complimenti quando la critica è rivolta alla parte avversa). Attacchi di una violenza verbale al cui confronto i pentastellati sono simpatici chierichetti.
Nonostante gli strumenti per difendersi ci siano, spesso si utilizza la via più breve, ma non certo più dignitosa: l’insulto.
Si subiscono persino lezioni di giornalismo da chi non ne capisce nulla. Addirittura, c’è chi ancora afferma quella gigantesca fesseria secondo cui un giornalista non dovrebbe esprimere opinioni (un’idiozia che si dice solo quando non si concorda con l’opinione scritta).
Dunque, prima di pretenderlo da Di Battista, impariamo noi stessi a rispettare il ruolo del giornalista, che, sia chiaro, non è e non può essere esente da critiche. Ma da insulti e minacce sì.