Sono oltre 700 gli anni di condanna – che vanno da un minimo di quattro anni ad un massimo di undici anni – per i novanta imputati condannati dal Giudice per le indagini premilinari e dell’udienza preliminare del Tribunale di Bari Rosanna De Cristofaro. Il processo, denominato “Pandora”, dalla stessa operazione che ebbe luogo nel 2018, ha consentito di svelare – così come il vaso della mitologia greca – i mali della mafia barese degli ultimi quindici anni. La sentenza è stata emessa al termine di un processo abbreviato. Tra le condanne più elevate ci sono quelle inflitte nei confronti dei boss di Bari e Bitonto, Nicola Diomede (a 11 anni e 4 mesi) e Domenico Conte (10 anni e 8 mesi) e del pregiudicato Gioacchino Baldassarre (12 anni), ritenuti i capi organizzatori dei due gruppi criminali.
Dei 90 imputati, 51 sono stati riconosciuti perché appartenenti al clan “Diomede/Mercante”; 36 appartenenti ai “Capriati”, due imputati condannati per aver preso parte, nel tempo, ad entrambe le consorterie mafiosa, un imputato per rapina aggravata e sequestro di persona. L’indagine ha sottolineato che entrambi i sodalizi erano caratterizzati da una struttura gerarchizzata in cui erano delineati i ruoli e i compiti degli affiliati; dall’imposizione di rigide regole interne e delle gerarchie; dal controllo militare del territorio in cui erano promosse le attività illecite; dall’operatività delle articolazioni presenti in vari comuni (tra cui Bitonto); dal ricorso ai rituali camorristici di affiliazione promossi, diretti ed organizzati dai loro componenti che all’interno del sodalizio rivestono la qualità di “padrini” a favore dei “figliocci”, attraverso alcune specifiche “cerimonie liturgiche”.
Il Gip ha condannato gli imputati anche al risarcimento danni nei confronti delle parti civili costituite nel processo: i Comuni di Bari e di Terlizzi, oltre che all’associazione Antiracket di Molfetta. Le indagini dei Carabinieri dei Ros hanno documentato più di un decennio di affari illeciti e le ramificazione dei due clan, federati tra loro, nell’intera Regione in uno spazio che andava da Bitonto a San Severo, passando per Altamura, Gravina, Valenzano, Triggiano e tutto il Nord Barese, accertando anche collegamenti con le altre organizzazioni criminali pugliesi e con la ‘Ndrangheta, Cosa Nostra e Camorra per l’approvvigionamento della droga. Gli imputati rispondevano a vario titolo di associazione mafiosa pluriaggravata, tentati omicidi, armi, rapine, furti, lesioni personali, sequestro di persona e violazioni della sorveglianza speciale. Altri tredici imputati hanno scelto il rito ordinario che è tuttora in corso dinanzi al Tribunale Collegiale di Bari. Già in sede di riesame, il Tribunale della Libertà, adito da 79 indagati, accolse solo 3 ricorsi, peraltro limitatamente alle esigenze cautelari, affermando – al contrario – la piena sussistenza anche in tali casi della gravità indiziaria.
Si tratta del più complesso processo mai celebrato in Italia interamente in videoconferenza: la Amministrazione penitenziaria ha contribuito alla gestione di decine di collegamenti in videoconferenza con altrettanti istituti penitenziari.
Con una percentuale di condanne per il delitto di associazione di stampo mafioso superiore al 98.9 % in sede di giudizio abbreviato e per la totale assenza di annullamenti in fase cautelare in relazione al quadro indiziario, il procedimento costituisce sicuramente uno straordinario risultato sotto il profilo della tecnica investigativa, avendo anche consentito di ricostruire un articolato arco temporale della vita di due tra i principali clan del territorio barese, anche in ambiti territoriali (p.es. Bitonto e Terlizzi ), nei quali ad oggi non vi sono sentenze definitive che statuiscano l’ operatività di sodalizi mafiosi.
I BITONTINI COINVOLTI
Giuseppe Antuofermo (classe ’98)– condannato a 8 anni di reclusione
Leonardo Bartolomeo (classe ‘’85) – condannato a 4 anni e 6 mesi di reclusione
Cosimo Damiano Cantatore (classe ’88) – condannato a 8 anni di reclusione
Cosimo Cassano (classe ’60) – condannato a 8 anni di reclusione
Francesco Cassano (classe ’41) – condannato a 8 anni di reclusione
Giuseppe Rocco Cassano (classe ’78) – condannato a 8 anni di reclusione
Michele Cassano (classe ‘79) – condannato a 7 anni e 4 mesi di reclusione
Domenico Conte (classe ‘70) – condannato a 10 anni e 8 mesi di reclusione
Alessandro D’Elia (classe ’90) – condannato a 8 anni di reclusione
Mario D’Elia (classe ’71) – condannato a 8 anni di reclusione
Salvatore Dicataldo di Bitonto (classe ‘83) – 9 anni e 4 mesi di reclusione
Vito Dicataldo (classe ‘84) – condannato a 8 anni e 8 mesi di reclusione
Francesco Cosimo Natilla (classe ‘80) – condannato a 8 anni di reclusione
Francesco Rizzi (classe ‘81) – condannato a 7 anni e 4 mesi di reclusione
Vincenzo Screti (classe ‘84) – condannato a 8 anni di reclusione
Giovanni Stellacci (classe ’88) – condannato a 8 anni di reclusione
Vincenzo Surriano (classe ’83) – condannato a 8 anni di reclusione