A un certo punto, nel pomeriggio di quello che è stato uno dei giorni più tristi per Bitonto negli ultimi anni, a Palazzo Gentile fa capolino anche lui.
Michele Emiliano, il presidente della Regione Puglia. E non è da poco, perché dimostra che Bitonto non ha soltanto il supporto di tutto l’hinterland barese – ieri i 41 sindaci del territorio in fasca tricolore – ma dell’intero tacco d’Italia.
Del governatore del tacco d’Italia. Che sa benissimo, da magistrato qual è, di che pasta sia fatta la criminalità pugliese per averla combattuta quando ha lavorato alla procura di Brindisi, e a Bari nella Direzione distrettuale antimafia, e anche quella bitontina.
E c’è anche lui in piazza Aldo Moro prima della fiaccolata per le vie del centro storico, e non poteva non prendere la parola.
“Sono qui su un palco come successo qualche anno fa – esordisce l’ex sindaco di Bari, facendo riferimento alla marcia organizzata per i fattacci accaduti all’ex dirigente comunale Turturro nel febbraio 2013 – e bisogna avere il coraggio di dire che la storia di Anna Rosa Tarantino non è nata ieri. Parte negli anni ’90, quando hanno assaltato il Commissariato di Pubblica Sicurezza in tempi in cui la criminalità barese si stava contaminando qui a Bitonto, e aveva iniziato a spacciare droga, ad ammazzarsi e a non sopportare le regole. E ora, dopo 25 anni, tutto questo continua perché non siamo riusciti a fare quello che dovevamo fare da tanto tempo. È certamente la colpa è mia e di tutte quelle persone che si sono approcciate a questo problema perché le indagini non sono così semplici. Dobbiamo parlare a noi stessi, e far capire a questi soggetti che sbagliano e la dimensione dell’errore in cui sono caduti”.
Che fare, allora? “Io vi chiedo – continua il presidente pugliese – di non dar loro neanche lo sguardo, di far comprendere il nostro dissenso in ogni dove, che dopo questo evento tutto deve cambiare a Bitonto, perché adesso avete capito che anche facendoci gli affari nostri ci vengono a prendere e a colpire le nostre vite. Abbiamo a che fare con gente che non si accontenta, bisognosa della repressione durissima dello Stato, e di essere isolata nella società. Devono capire, insomma, che Bitonto non è più il loro posto e casa loro”.
E quindi un appello: “Dobbiamo inseguirli ovunque, fotografarli, con i nostri sguardi, raccontando alle forze dell’ordine, cercare di seguire dove sono le zone di spaccio (peccato, però, che è risaputo da anni dove si spaccia e di molti spacciatori si sa nome, cognome e indirizzo, ndr), e cercare di trasformare queii pochi occhi delle forze dell’ordine in centinaia di occhi, orecchie e cervelli. È l’unico modo per uscirne. Sono passati troppi anni senza che la soluzione sia arrivata, e avete la forza di farlo”.