La Puglia, la
nostra terra, è sempre ricca di eccellenze. Abbiamo avuto una lunga
corrispondenza con l’animatore della Bella e la bestia, al cinema in queste
settimane, Gianluca Fratellini.
Gianluca ci ha raccontato la sua storia,
dagli esordi, passando per la creazione dei cartoni di animazione più famosi e
i giochi per Play Station.
Cosa ti ha spinto a intraprendere questo tipo di carriera? Quando è nata in
te la voglia di animare non solo la tua vita ma anche quella degli altri?
«Innanzitutto
non l’ho mai vista come una carriera, ma semplicemente come una passione…
Non consiglierei a nessuno di iniziare qualcosa solo pensando di fare carriera
o successo, perché a mio avviso non è quello che rende felici. Occorre amare ciò che si fa con tutti i
pro/contro che ci sono dietro ogni passione, e secondo me molto spesso le più
grandi passioni nascono sempre quando ci sono grossi ostacoli ed impedimenti,
perché è proprio nella disperata ricerca e volontà di volerli superare, che ci
si rende conto di quanto sia forte da spingerci di più ed accettarne anche i
fallimenti, che è sempre meglio di avere rimorsi.
Ho iniziato inconsciamente questo viaggio nel mondo del 3D e dell’animazionemolto presto, già dall’età di 14 anni,quando non avendo ancora una
connessione ad internet acquistavo riviste specializzate sulla grafica digitale
nell’edicola di Palo del Colle e
bazzicavo alcune librerie a Bari(alcune oggi purtroppo chiuse) dove potevo trovare manuali tecnici aggiornati
su software di grafica e libri sui
principi dell’animazione 2D.
Libri allora alquanto costosi che mi potevo permettere grazie alle strenne delle nonne o
a qualche lavoretto di fotoritoccoche prendevo nel tempo libero.Da allora non ho smesso di
coltivare questa mia passione che credo sia nata da un forte connubio tra artee tecnologia nutrendosi di
curiosità, perseveranza, volontà, dedizione, sacrificio ed anche dalla mia
adolescenziale timidezza che mi ha portato ad essere sempre molto curioso del
nostro modo di comunicare le emozioni nel linguaggio verbale e non verbale, un
linguaggio che è anche il codice dell’animazione oltre che dell’Arte.Come hai detto giustamente nella tua
domanda, questa mia passione in effetti, oltre
a darmi la possibilità di animare varie creature, ha animato molto la mia vita portandomi inevitabilmente a ribaltare
il mio ombrello di timidezza e farmi volare da un piccolo paesino di periferiaalla scoperta di nuovi continenti, culture, lingue e persone in
tutto il mondo, ma soprattutto ha permesso di imparare a conoscermi e
riconoscermi nel mondo.Nell’ufficio
dove lavorava mio padre cominciai a prendere confidenza con i primi rudimenti
di tecnica 3D con il famoso programma Autocad,
un potente software di tecnica tridimensionale che veniva usato per costruire
macchinari oleifici. Ed è in questo periodo che creai il mio primo
cortometraggio “A Bug’s Story” e subito
dopo ”Life in Smoke – Una vita in fumo”,
dei corti che potete trovare in rete.Durante gli studi universitari nellafacoltà di Informatica a Bari ricevo
un’offerta di una società lussemburghese, che mi propone di lavorare con uno
stage iniziale e da li tutto è iniziato».
Sai bene che quello che realizzi sarà principalmente un prodotto
per bambini, cosa significa per te? «Sicuramente, una grande responsabilità. Il nostro
target iniziale è quello dei bambini, e ci sono anche molte fasi di studio a
livello psicologico in ogni film che fa da filtro all’intero processo e che
molto spesso modifica alcuni passaggi non troppo adeguati a quel tipo di
pubblico.
Un pubblico quello dei bambini ormai anche molto
esigente e diverso dai bambini delle
vecchie generazioni. È un pubblico importante anche perché è quello che
trascinerà i genitori, ma il mercato dell’animazione pian piano si sta attivando
sempre di più per avvicinare volentieri anche quel target di bambini che va dai
30 ai 100 anni, perché in fin dei conti siamo tutti “eterni bambini cresciuti” e vogliamo anche noi sognare ed essere
spensierati e risvegliare quel bambino che c’è dentro di noi. Molto spesso i genitori usano i figli come
una scusa per poter andare a vedere i cartoni animati al cinema»
Qual è il legame con la tua terra d’origine, Palo del Colle? «Un legame che resta comunque stretto. Una terra che comunque mi ha dato
molto per rendere forti le mie radici ma che nella fase della maturazione. Non mi ha dato purtroppo quel terreno
fertile di cui avevo bisognoper
coltivare i miei obiettivi e mi ha costretto a vedermi trapiantare in altri
territori più fertili per poter crescere e vedere i miei frutti.
C’è anche un sentimento di indignazione nel vedere che nulla cambia e che
purtroppo nel momento in cui si cerca di intervenire per migliorare il
territorio che molto spesso viene amministrato e gestito o da persone incapaci
o viene inquinato da nuove “patologie”, come il caso Xylella, creando caos
e giustificando scelte insensate. In realtà, il nostro territorio meriterebbe molto di più per quanto talento e potenziale abbia da
offrire a partire dal recupero delle tradizioni popolari fino ad individuare
nuovi talenti».
Hai animato sia film che giochi per play
station, qual è la cosa che ti emoziona e ti stimola di più? «Ho avuto modo di lavorare
sulle cinematiche di videogiochi Ubisoft come “Splinter Cell”, “Prince of
Persia”, “Rainbow Six”, “Assassin’s Creed” o “Silent Hill”, ma in realtà il
denominatore comune è sempre il voler raccontare
una storia.
Nel nostro lavoro, la parte che ci stimola di più è proprio quella di poter
rendere sempre più credibile un
personaggio da renderlo quasi tangibile,veritiero e che sappia raccontare
una sua storia che sia in una cinematica di un video gioco o in una serie tv o
in un film come in una pubblicità».
Tra i film di animazione annoveriamo “Happy Feet”, “Paul”, “L’Era Glaciale”, “Rio 2”, “Epic”, “Hotel
Transylvania”, “John Carter”, “Planet 51”, “Peanuts the movie” e ora anche “La Bella
e la Bestia”. Qual è stato il lavoro più bello da realizzare? In quale ti
riconosci di più? Raccontaci un aneddoto… «Indubbiamente
in ogni progetto, c’è sempre una parte di me ed un pezzo di vita trascorso e ho
sempre scelto progetti che mi interessavano sia per lo stile che per la storia.
Sono stati tutti bei progetti su cui lavorare dove ho avuto la possibilità di
conoscere anche talenti strepitosi e persone interessanti.
Un aneddoto attuale: Un
giorno, uno di quelli in cui ero cotto e sparavo fumo dalle orecchie, ero li
che lavoravo da tempo sul film “La Bella e la Bestia” su una delle mie scene
con Spolverina in cui danza con altre ben 300 spolverine a mezz’aria nella
sequenza “Stia con noi”, una di quelle scene memorabili e tecnicamente molto
complesse da gestire, in quanto molto pesanti da visualizzare anche sulle
migliori workstation e che avevano subito diversi cambi a livello di coreografie,
camere ed interazioni; avevo gli occhi fissi sui monitor per cercare di
portarla a termine a tempo con la dead line di produzione quando mi si avvicina
all’improvviso una persona alle spalle che mi posa la mano sulla spalla e
riconosce la scena dicendomi che sta venendo molto bene e mi chiede come va, come
solitamente si fa tra colleghi; in quel momento io ero lì concentrato ed
esausto e senza dire una parola mi giro lentamente verso di lui con una
espressione tra lo sfinito ed il “domani è un altro giorno”, lui intanto mi
sorride con sguardo di intesa e si allontana. Ma solo dopo 5 minuti uno dei
pochi neuroni rimasti realizza che quella persona dagli occhiali sagomati neri
era il regista Bill Condon che era passato negli studi».
Da qualche settimana “La Bella e la Bestia” e’ in tutti i cinema: qual è
stata la cosa più difficile da realizzare per questo film? C’è qualche
particolare di cui vai particolarmente fiero? «Avevo
11 anni quando guardavo la prima
versione in videocassetta, apprezzandone i movimenti, la storia, la musica
ed i colori con gli occhi di un bambino: dopo 25 anni mi sono ritrovato
catapultato nel rappresentare con quegli occhi una fiaba sempre attuale, con una sua leggera ma intramontabile morale,
quindi sicuramente un sogno nel cassetto
che diventa realtà. Ho lavorato
in 5 sequenze del film, una è la famosa “Stia
con noi (Be our guest)” sequenza musical in cui ho animato alcune scene con
i personaggi Lumiere, Tockins e Spolverina; in una di queste, c’era un balletto
di Spolverina con quasi 300 spolverine che svolazzavano, danzando ed
interagendo in coreografie hollywoodiane. Poi, ne “La cena è pronta”, Lumiere e Tockins cercano di far ragionare la
Bestia e convincerla ad invitare Belle a cena. In un’altra, Tockins perde una
partita a scacchi con un esperto giocatore come Lumière, dandogli
dell’imbroglione. In “Attacco al
castello”, Madame De Guardarobe si prepara con un grido teatrale a
lanciarsi sugli intrusi nel castello, e poi una delle ultime sequenze in cui
tutti i personaggi iniziano a perdere vita ed a irrigidirsi quando la Bestia è
morente. Soprattutto nella sequenza “Stia con noi (Be our Guest) è stata dura animare tutta la parte in cui
Spolverina ed altre 300 spolverine danzano. Tecnicamente erano scene molto
complesse da gestire, in quanto molto pesanti da visualizzare anche sulle
migliori workstation e che avevano subito diversi cambi a livello di
coreografie, camere ed regia per le coreografie e composizioni, quindi ho
dovuto parecchie volte rifare alcune scene da zero ed aiutarmi con delle
semplici geometrie come cilindri e vari locators per immaginare e traccare la
loro posizione nello spazio. Un’altra è stata nel realizzare il facciale in
alcune scene di Madame Guardarobe visto che per le varie espressioni dovevamo
modellare parti del sipario e delle tende con vari controlli che sarebbero poi
state soggetti a simulazione. Abbiamo dovuto off settare anticipando di qualche
fotogramma il labiale per renderlo visibile con il gioco di ombre e di
simulazione che si aggiungeva».
Hai lavorato con la 21st
Century Fox, Warner Bros, Marvel Studios, Sony
Pictures, Paramount Pictures, Columbia, Universal Studios, Walt Disney, : qual
è, secondo te, ciò che li differenzia nei lavori? Qualità del prodotto, la sola
distribuzione?«Sono tutte grandi aziende che hanno una
loro politica di produzione, un loro mercato e target stilistico e che
richiedono ovviamente una qualità sempre più alta per mantenere un livello che
possa competere con le altre produzioni che sempre più spesso hanno tempi più ristretti.
La vera differenza, sta nelle storie che
hanno bisogno di raccontare per mantenere il loro stile ed il loro marchio ben
riconoscibile, le direzioni artistiche di visione dei vari registi, i budget
che vengono affidati, i tempi di produzione ed il livello degli artisti».
Cosa
consiglieresti ai giovani che vorrebbero intraprendere la tua stessa
carriera? «Direi di armarsi di pazienza, passione e coraggio, studiare molto per avere una
conoscenza generale e specializzarsi nel settore che più interessa e di seguire
la propria passione.Intanto, a breve
uscirà un piccolo corto che ho realizzato in quest’ ultimo anno nel tempo
libero, che sarà visibile prossimamente sulla mia pagina web: www.cgluca.it».