Nei giorni immediatamente precedenti l’attentato, in Belgio il livello di allerta era pari a 3.
Per intenderci, è lo stesso livello di un attentato in corso.
Le forze di polizia (anche in borghese) erano ovunque: nelle stazioni, per le strade, nelle piazze più importanti.
La mattina dell’attentato, alle ore sette, l’aeroporto di Charleroi era blindato e i controlli al check in sono stati come al solito più minuziosi di quelli italiani.
Dunque, niente è stato sottovalutato.
Da quel fatidico 13 novembre a Parigi, il Belgio era consapevole di avere il mostro in casa e non ha mai smesso di dargli la caccia e di provare a tutelare i suoi cittadini.
Che cosa non ha funzionato allora? È nel modo in cui è organizzata la polizia belga la falla, probabilmente.
Validissima per la sicurezza sul territorio e nelle operazioni di controllo -quando la si incontra per strada c’è da avere paura, per la fermezza con cui al solito agisce- manca di cooperazione.
Non esiste una polizia nazionale, che porta avanti e in sincronia alcune iniziative, ma tutto è organizzato in distretti, municipi ecc.
D’altronde, non esiste nemmeno il Belgio: mi è capitato di trovarmi in un paesino in provincia di Liegi, di salire su un pullman che proveniva da una città a 20 km dal luogo in cui io ero e di non poter comunicare con l’autista.
Non capiva il francese e, ovviamente, io non avrei mai potuto capire il fiammingo.
Seconda considerazione.
Al centro di Bruxelles, nei dintorni del palazzo reale, non si incontrerebbe un musulmano nemmeno a pagarlo.
Sono tutti concentrati in periferia, in una sorta di quartieri “ghetto”, come accade a Parigi, a Roma ecc. (E qui ci sarebbe da fare una riflessione sull’integrazione. Esiste? È reale? Mah).
Sono quartieri a sé, con un tessuto sociale particolarissimo e fittissimo, abitato da islamici di seconda e terza generazione e, quindi, belgi.
Come entrare in una realtà del genere?
Salah era lì da quattro mesi, tutti lo sapevano e probabilmente non sarebbe mai stato arrestato, se un suo conoscente non lo avesse tradito, informando la polizia.
Non mi sentirei di dire, dunque, che il Belgio come stato abbia fallito.
Ma di certo è uno stato particolarissimo (e proprio per questo affascinante): è fragile, frammentato, si trova nel cuore dell’Europa e, quindi, sottoposto a molteplici pressioni, è sede delle maggiori istituzioni europee.
Va aiutato e sostenuto, all’interno di una collaborazione, per l’appunto, europea.
Ammesso e non concesso che anche questa benedetta Unione Europea esista davvero.