All’inizio dell’estate del ’48, i russi bloccarono tutti gli accessi
stradali e ferroviari a Berlino Ovest, lì dove l’accordo di Potsdam aveva
istituito la presenza di statunitensi, inglesi e francesi.
Fermarono ogni traffico terrestre, scollegarono la porzione occidentale
dalla rete elettrica, la privarono in breve tempo di viveri, medicinali e carbone.
La capitale, che si trovava nel territorio tedesco
controllato dai sovietici, divenne un’isola artificiale venuta a galla dagli
abissi dell’incomunicabilità nel bel mezzo d’un mare di terra militarizzata,
meticolosamente delimitata, controllata, spartita, contesa. Una grande città
già messa a dura prova da una guerra devastante finì per diventare un’isola
buia, affamata e triste.
Nel mare, quello vero, non sarebbe certamente
successo, no.
Lì non si possono alzare muri, né ostruire
passaggi.
Non si può dire tu entri e tu no.
Ché il mare non si può controllare, è infinito
e trasparente, ha la vita nel ventre azzurro e dona frutti e meraviglie.
Come il cielo, non vi pare?
Non poteva che giungere di lì, la salvezza, la
gioia, dal cielo sopra Berlino dove vivono gli angeli di Wenders e nascono le
poesie di Rilke.
Zuccherata, dolce, come la manna scendeva lenta
abbracciata ai paracadute.
I più piccoli, poi, avevano un angelo tutto per
loro.
“Arriva zio Gail”, gridavano.
Alzavano gli occhi speranzosi in alto,
correvano in cerchio tra schiamazzi festosi, mentre attendevano con la
trepidazione della vigilia di Natale che il suo aereo speciale facesse capolino
tra le nuvole.
Quando era il momento tendevano le mani golose
ai piccoli ombrellini che vedevano scendere dal cielo e, come per magia, vi
trovavano pacchetti di dolciumi e pezzi di cioccolato.
Era uno yankee dal sorriso disarmante, uno che la
guerra la spazza via col candore dei giusti.
Zio Gail Halvorsen , “Uncle Wiggly Wings”, lo
zio dalle ali sinuose, lo zio del cioccolato che tutti vorremmo, il bombardiere
di caramelle.