«Come il peccato entrò
a far parte del mondo attraverso la Creazione di Eva, come i piaceri carnali si
diffusero per tutta la terra, favorendo tutti i peccati mortali, e come ciò porti
necessariamente dritti all’Inferno».
Usava
queste parole lo storico Ludwing von Baldass per descrivere “Il
Giardino delle delizie” di Hieronymus Bosch, uno dei lavori più complessi ed articolati
del pittore cinquecentesco olandese.
Ed è proprio da quest’opera che muovono i passi Elisa
Barucchieri, Claudia Cavalli, Anna Moscatelli, Vito
Cassano e Gabriele Montaruli, ballerini della compagnia ResExtensache lo scorso sabato hanno calcato il palco del teatro “Traetta”.
Si parte con l’immagine di un piccolo feto rannicchiato
in un utero vitreo e lucente da cui si ode un grido silenzioso di una vita
che vuole trovare la terra.
Al di sotto di questi movimenti eleganti una coppia
che viene travolta dall’involucro sovrastante, tanto da finirne intrappolati come se fossero in un grande preservativo della vita: da cui scappare e prendere
aria prima di soffocare.
È proprio il pittore fiammingo, che pur essendo
rinascimentale, riesce ad essere attuale pensando al mondo come un luogo sovraffollato,
ipercarico, iperstimolato, dalle dimensioni e dal tempo troppo ridotti.
I ballerini sul palco non diventano pennellate d’un
quadro ma nodose raffigurazioni reali fatti di corpo, suono, luce: si combinano
in scatti dosati e modulazioni lente, si stringono diventando contratti e
deformati per poi perdersi. L’unica consapevolezza convulsa era l’inconsapevolezza
del peccato.
Le luci, curate in maniera magistrale, fantasiosa e
delicata da Alessandro Grasso, assieme alla musica – che passa dal progressive
house alla classica – cambiano a seconda delle situazioni diventando componenti
fondamentali per la buona riuscita dello spettacolo.
Sul palco i cinque ballerini appaiono, così, quasi
perseguitati da una sorta di Dio luminoso e allo stesso tempo inquisitorio che
giudica i vizi dell’uomo perso nel peccato della terra, giudicandone le
metamorfosi.
Prima a mani alzate, si dichiarano innocenti. Ma non
si può resistere alla voglia di cambiamento e conoscenza: cavalcando l’onda
dell’emozione travolgente – che ha lasciato i pochi presenti attratti fino all’ultimo
istante – mutavano abiti, rimanendo nudi e alla fine morendo.
Dal bianco della purezza dei primi abiti, passando
per il nero del lutto fino al beige, come pelle, come la terra quando resta
senza linfa, senza vita.