Quel
meriggio lontano, pieni anni Novanta, il prato del “Città degli Ulivi” era d’uno struggente smeraldo, complice un sole guizzante.
Lui
aveva appena umiliato con un sombrero beffardo ed un tunnel stordente di
rientro il mediano traccagnotto di non ricordo più quale squadra avversaria.
Che aveva provveduto ad abbatterlo poco gentilmente.
A
bordo campo, risanato d’un subito dalla consueta spugnata d’acqua miracolosa,
lui avvertiva in stretto romanesco il suo allenatore: “Mister, mo ie dò la stecca”. E dalla panca si levava un implorante: “Lascia stare, Fede”.
Lui
era (ed è, soprattutto), Federico
Agostinelli, classe ’67.
Regista
di talento sfolgorante e piedi fatati, disseminava l’erba di perle tecniche che
mandavano in solluchero gli aficionadosdei leoncelli.
Assaporato
l’Olimpo del Pallone nella stagione ’87-’88 con i biancazzurri capitolini e
vincitore del campionato di Promozione con i neroverdi di mister Mimmo Caricola, l’amichevole Bitonto-Lazio
Primavera che si disputa oggi a Corato sarà il “derby del cuore” per Federico.
Il
talentuoso Federico, pardon.
“Sè vabbè, dicevano che ero forte, sì, ma non
potevo giocare ad alti livelli, solo per un motivo: la capoccia. Già, ero
troppo matto e dopo un po’, mi segavano quasi tutti”.
La
carriera, un mirabolante saltabeccare qui e là. In chiaroscuro, purtroppo: “Ho iniziato nelle giovanili della Roma, poi
sono passato nella Lazio e con i biancazzurri ho esordito in serie B. Sono nato
nello stesso quartiere dell’omonimo Andrea,
ma non siamo parenti. Ho girato l’Italia: Monopoli, Frosinone, Bergamo. Ho
vinto un campionato italiano di calcetto e praticato persino il beach volley”.
Questa
sorta di discepolo scapestrato, qualche lezione la ricorda, però: “Il mio maestro è stato Eugenio Fascetti, uno che per quegli anni era pure sopra le righe spesso
e sapeva gestire quelli tutto genio e sregolatezza. Però, vedi, allora quelli
indomabili finivano nelle serie minori perché si faceva capire loro subito che
non potevano fare i calciatori. Oggi, invece, tra creste, tatuaggi e pazzie si
ritrovano ad essere osannati ed occupano le prime pagine dei giornali. Era un
altro calcio, lasciamelo dire. Ai
miei tempi, questi personaggi non sarebbero durati più d’un giorno e mezzo”.
I
ricordi qui, da noi: “I due anni a
Bitonto sono stati fantastici, bellissimi, straordinari. Il primo con Muzio Di Venere (già allora, proprio lui, il sergente di ferro, l’indimenticato uomo del Triplete, ndr) e il secondo con Mimmo Caricola, col quale vincemmo il
campionato di Promozione, sotto la presidenza dell’avvocato Alessandro Saracino. Ma pure il primo anno sfiorammo la
vittoria. Sono stato bene, eravamo un grande gruppo, eppoi ho un ricordo
splendido dei tifosi, erano legatissimi ai colori neroverdi, ci sostenevano
ovunque. Ammazza quanto erano generosi. Li abbraccio idealmente con affetto. A
chiunque tu chiedi, vedrai che parlerà bene del sottoscritto perché alla fine
con me stavano tutti bene”.
Agostinelli,
un artista dal cuore grande così, oggi gestisce un lido dinanzi al mare
scintillante di Monopoli, con un altro ex
lazial-barese, Ciccio Fonte.
E, forse, qualche sera, dopo il tramonto, sarà assalito dal vorace dubbio: “al
netto di mattie varie, avrei potuto fare di più?”
“Rimpianti? Nessuno. Certo che se
rinascessi farei esattamente tutto quello che ho fatto, errori inclusi, perché
me la sono goduta davvero”.