Delle volte pare che il tempo pur passando mieta le stesse
vittime, lasci lo stesso vuoto nel cuore di chi percorre i sentieri della vita.
Due operai sono morti nell’impianto di compostaggio Kyklos di Aprilia lo scorso 28 luglio. I vigili del fuoco sono intervenuti
nella ditta e hanno recuperato i corpi.
Le vittime, due autotrasportatori di 44 e 42 anni ed entrambi della provincia
di Viterbo, erano dipendenti di una ditta esterna: arrivati sul posto, stavano
caricando i camion di percolato e, a quanto riferito dai carabinieri che
indagano sul caso (e riportato dall’agenzia Omniroma), erano privi di
protezioni.
Avrebbero accusato il malore mentre sversavano la sostanza
dall’autocisterna. Uno dei due, che si trovava sul mezzo, ha perso i sensi ed è
caduto da un’altezza di circa due metri, mentre l’altro è morto all’interno del
camion.
Dai primi accertamenti svolti sul luogo dell’incidente, le esalazioni letali provenivano
dall’autocisterna, sulla quale lavoravano i due,e non dall’impianto dove vengono prodotti concimi organici
derivanti dalla lavorazione dell’umido proveniente dalla raccolta dei rifiuti.
Inutile il tentativo di rianimarli, quando i sanitari del 118,
chiamati per un’intossicazione, sono arrivati sul posto, gli operai erano già
deceduti.
Si allunga, così, la lista delle morti sul lavoro provocate dalle esalazioni.
8 aprile 2014. Sono passati esattamente tre mesi dalla tragedia che colpì i
nostri due concittadini Vincenzo e
Nicola Rizzi, deceduti per un
intreccio di salvataggio e amore, che solo un figlio ed un padre possono
sentire, nei liquami delle condotte dei reflui nell’ittica Di Dio a Molfetta.
Non possiamo dimenticare la
tragedia dello scorso 5 luglio 2014 –pur essendo di diversa natura – che ha tolto la vita all’imbianchino bitontino
29enne, Michele Vitariello, deceduto mentre stava tinteggiando un muro sul
terrazzo di una palazzina a Santo Spirito, in via Schino. Un volo di 15 metri
da un lucernario che ha ceduto non lasciandogli scampo.
E ancora, l’8 maggio 2014,a Molfetta, fu un autotrasportatore di Torremaggiore, Pasquale Soldano di 44 anni, a perdere la vita schiacciato dalla
sponda del camion che aveva appena caricato di concimi
È il 3 marzo 2008 quando, sempre a Molfetta, cinque persone
muoiono per le esalazioni liberatesi durante la pulitura della cisterna di un
camion. Perdono la vita tre dipendenti e il titolare dell’azienda ‘Truck center’, un altro lavoratore
muore in ospedale il giorno seguente.
Ma l’elenco è ancora lungo e dal 2008 al 2013, tra Capua,
San Ferdinando, Riva Ligure, Mineo e un paesino sardo sono ben 18 le vittime che l’Italia piange per
esalazioni di gas tra depuratori, raffinerie, cisterne e silos di
fermentazione.
Pare, però, che gli incidenti mortali sul lavoro hanno registrato
quest’anno un abbassamento delle
percentuali: secondo i dati diffusi il 9 luglio scorso dall’Inail, il numero
accertato di vittime nel 2013 si è fermato a 660 in calo del 21% rispetto al
2012 – cifra più bassa in sessanta anni di statistiche -.
L’Osservatorio Sicurezza
sul Lavoro Vega Engineering di Mestre fa una fotografia dalle tinte grigie
sui primi cinque mesi del 2014 da gennaio a maggio: sono 254 le morti sul lavoro del 2014, con una drammatica media di 10 vittime alla settimana da Nord a Sud del
Paese.
In Puglia su 1.155.947
occupati, sono state 15 le vittime(dati del 30 aprile 2014) sul lavoro pari, cioè, al 7.7% sul totale.
Il dato peggiore sull’incidenza della
mortalità rispetto alla popolazione lavorativa secondo viene registrato in Basilicata (38,9 contro una media
nazionale di 11,2) ed è seguita dalla Puglia(19), dalla Sicilia (17,4), dal Trentino Alto Adige (16,7) e dalle Marche (16).
L’11,4% degli incidenti si è
verificato nel settore delle attività
manifatturiere, il 9,8% nelle costruzioni,
il 9,1% nel settore dei trasporti e
magazzinaggi, il 7,1% nel commercio
all’ingrosso e al dettaglio.
Guardando alle classifiche provinciali è Roma a riportare il dato peggiore di
tutto il Paese con 11 morti bianche in ambiente di lavoro ordinario, seguita da
Milano (9), da Cuneo, Bari, Napoli e Torino (8), Bologna (7), da Messina e
Bolzano (6).
Le donne che hanno perso la vita sul
lavoro nei primi 5 mesi del 2014 sono state 16 (6,3 per cento del totale),
mentre gli stranieri deceduti sul
lavoro sono 37 pari al 14,6 % del totale.
Quarantenni e cinquantenni i
lavoratori più coinvolti dal dramma.
Ma si possono contare vite umane sulla base delle percentuali?
Anche il Ministro del Lavoro, Giuliano
Poletti, ha detto il suo grande “no”, confermando che l’obiettivo è
raggiungere “quota zero”.