Lo vedi attraversare le strade assolate della città
ancora a passo rapido.
L’essere brevilineo non gli impedisce d’avere un portamento fiero.
Diremmo inconsutile.
Già, Tommaso Annese, forse – l’avverbio è di prudenza e rispetto nei
confronti di chi, ora, per fallacia nostra dimentichiamo – l’uomo più sportivo
della città, ha sempre avuto la schiena diritta.
Non paia, questa, solo una sfuggente annotazione anatomica.
Il dato fisico, infatti, è l’esatto specchio della tempra spirituale.
Avendo vissuto all’insegna di onestà e rigore, ha provato ad applicare
questi valori morali nella quotidianità. Riuscendoci.
Cortese e signorile, ha solida cultura, per altro mai ostentata con sicumera, retaggio familiare e professionale.
E’ uomo d’altri tempi, che, per fortuna, vive in questi
tempi.
Uno che non deve aver faticato molto per trovare l’esempio cui ispirarsi.
Il padre, vicepodestà di Bitonto, nel Ventennio, si mise in luce per lealtà e
buon senso, molto ben al di là delle direttive che calavano dall’alto, ma senza
mai uscire fuori dall’alveo della legalità. Mai.
E Tommaso – o Tommasino per gli amici – ha incarnato la legge pure sui
campi di calcio, quando questi erano fazzoletti di deserto e fischiare fra
vortici di polvere non doveva essere proprio il massimo. Ma pure inseguire un
pallone ti faceva diventare uomo, allora, me lo ha raccontato Cesarino Vitale, bomber insigne, qualche giorno fa.
E’ stato arbitro equanime, guadagnandosi la stima di tutti.
Ha diretto, credo, sino alla IV Categoria, quarto campionato nazionale per
davvero.
Memoria storica del pallone nostrano, ricorda sull’unghia aneddoti, episodi e
storie del meraviglioso universo pedatorio bitontino.
Un’autorità sugli spalti del Comunale, sull’erta di via Megra.
Forte e liliale è il suo legame con le sorelle, che ha tratti di levità
pascoliana.
Politicamente, è rimasto sempre lì dove aveva scelto di stare in giovinezza: a
destra. Ma sempre con spirito libero e critico. Perché, tra l’altro, Tommasino
non le ha mandate mai a dire. Anzi.
Memorabili alcuni suoi duelli con i leader
di passaggio per opportunistiche campagne elettorali. Oppure, indimenticabile il
suo faccia a faccia col giornalista tritatutti (tranne uno, a questo punto,
l’Annese nostro) Marco Travaglio.
Oggi, che la politica e il calcio, bitontini e non solo, non godono proprio di
ottima salute – luoghi essendo ove tanti, troppi cambiano casacca, il contrario della di lui indole – ci sono da spegnere ottanta candeline per Tommasino. Che siamo
sicuri lo farà soffiando con la consueta umile fierezza.
Un modello per tutti, soprattutto per i giovani. Che, obnubilati dal
presentismo illusorio ed esasperante della contemporaneità internautica, spesso
non riconoscono questi scrigni di memorie, che potrebbero indicare la strada
più giusta per il domani…