Ostaggi di una storia lunga 92 anni.
Che non lascia spazio ai sogni.
Che non accende più la speranza.
Che ha regalato tanto a tutti i suoi amanti, ma che non
è onorata da chi se ne serve per giustificare anni di mancanze.
Perché è questa, cari lettori, caro popolo neroverde,
la morale della favola dopo la conferenza stampa farsa che avrebbe dovuto
sancire la rinascita dell’Unione Sportiva Bitonto 1921 dopo 3 anni di calvario
e che invece ha affossato le poche prospettive illusorie rimaste.
Siamo qui a leccarci le ferite, ad assistere
all’ennesimo colpo di coda di Ciccio Noviello e del buon Vincenzo Cariello (da salvare per il
suo cuore d’oro e per l’amore verso i colori dimostrato negli anni a suon di quattrini, ma non per l’ostinazione con la
quale segue il ragioniere) che proprio non ne vogliono sapere di lasciare
spazio a chi vuole costruire qualcosa di serio col calcio in città.
E non ne vogliono sapere nemmeno di collaborare per
onorare quella storia che usano solamente per cercare di annebbiare la vista di
chi ama davvero il pallone neroverde.
Quella storia violentata ed usata impropriamente
solamente per coprire la verità.
Purtroppo per loro, come sempre accade, il tempo è
galantuomo ed alla fine tutto torna.
E, finalmente, almeno, ci siamo ritrovati ad avere
tutti le idee più chiare proprio dopo la conferenza stampa dell’altro giorno.
Ci siamo ritrovati a scoprire (anzi ad avere l’ennesima
conferma) perchè ogni volta che un imprenditore si avvicina alle sorti calcistiche
bitontine, dopo un pó scappa a gambe levate.
Finalmente, infatti, il ragioniere Noviello ha ammesso
che la società neroverde è indebitata.
Non si sa di quanto, non si sa se verso
il fisco o verso la Figc o verso entrambi, non si sa quando ha avuto l’ultimo
accertamento.
Fatto sta che è una società con quattro certezze: il neroverde,
92 anni di storia, i debiti. E, purtroppo, due persone che non vogliono saperne
di andarsene.
Nessuno, sia chiaro, con i chiari di luna di questi
anni, può permettersi di pagare al posto di Noviello, rappresentante legale del
titolo da ormai 13 anni, le pendenze create.
E nessuno, in maniera sacrosanta, può altrettanto
permettersi di partire già in deficit nel mondo del calcio.
Solo Noviello, novello muro di gomma, credendo di avere
di fronte tanta gente con l’anello al naso, pensa di poter continuare a tirare
a vivere alla giornata, fregandosene delle ambizioni, del cuore dei tifosi e
della città.
Come? Così come ha fatto in questi ultimi 3 anni dopo
la retrocessione dalla serie D. Mantenendo il titolo ed aspettando che qualche
benefattore copra le spese della stagione. Per poi ripartire con la canzoncina
ogni fine campionato e puntualmente tenere il titolo incollato tra le sue mani.
Stavolta, però, il buon ragioniere potrebbe aver
sbagliato i conti: la tiritera stancante può terminare. Si può staccare la
spina. Serve turarsi il naso. Serve coraggio.
Innanzitutto del Sindaco Abbaticchio e dell’assessore
Nacci, ottimi registi della mancata operazione, che dapprima hanno studiato e
apprezzato i progetti del nuovo imprenditore bitontino, rappresentato da Vincenzo De Santis e Francesco Mancazzo, e che poi hanno provato a far trovare
un accordo tra le parti.
Nacci, conoscendo la situazione debitoria della società
rappresentata da Noviello e Cariello, si è spinto oltre, provando tutte le
strade per convincere il ragioniere a cedere il passo.
L’assessore allo sport
ha anche inoltrato una richiesta alla Figc in merito ad alcune ipotesi (fusione
tra due società, parcheggio matricola società nelle giovanili e riutilizzo
della stessa dopo 3/4 anni, etc) ricevendo sempre la risposta che i debiti
rimarrebbero comunque anche nel nuovo soggetto costituito. A carico,
naturalmente, del nuovo rappresentante legale. Una follia.
Adesso, non devono mollare i nostri amministratori:
devono continuare su questa strada.
Riscontrato l’ostracismo perenne, che non finirà mai e
durerà in eterno inutile prendersi in giro, di Noviello e Cariello, abbandonino i due al proprio destino.
E insieme a loro inseriscano nel dimenticatoio anche il titolo dell’U.S. Bitonto
1921.
Niente più concessioni del campo, nessun aiuto a
trovare imprenditori che possano elargire contributi.
In poche parole, facciano morire il titolo
dell’U.S.Bitonto 1921 nelle mani di Noviello e Cariello.
E, allo stesso tempo, continuino a pensare a quel
progetto nuovo con l’imprenditore bitontino, con De Santis e Mancazzo, cercando
di prelevare un titolo di Promozione o Eccellenza, pulito, su cui poter puntare
e contare e che possa rappresentare un nuovo inizio per il calcio in città.
Chiaramente, una volta defunta la matrice U.S.Bitonto
1921, perchè prima o poi il titolo morirà sia chiaro, si potrà pensare ad un
ritorno a quel nome ricco di storia.
Però, bisogna ricominciare per qualche anno con
qualcosa di diverso. Non si può continuare a dare ossigeno ad un progetto ormai cadavere.
D’altronde, non mancano casi simili in questi anni, con
squadre ben più blasonate che hanno compiuto lo stesso percorso. Basti pensare
a Fiorentina, Napoli, Genoa, fallite in questi anni. Hanno cambiato il nome per
qualche campionato (es. Florentia viola), sono ripartite da zero, e adesso sono
tornate dove meritano. Col nome di sempre.
Naturalmente i tifosi devono armarsi anche loro di
coraggio e pazienza. Che in questo caso fanno rima con amore.
Lo sappiamo, vedere morire l’U.S.Bitonto 1921 sarebbe
come strappare un pezzo di cuore.
Ma nelle storie d’amore l’orgoglio va messo da parte.
Nelle storie d’amore che contano realmente non si può continuare a sguazzare in
una mediocrità priva di prospettive. Bisogna volere di più e volare alto.
E’ una provocazione, ma anche un invito a muoversi.
Salvare il calcio, provare a costruire qualcosa di
serio, è ancora possibile.
Il fondo lo abbiamo toccato, adesso meritiamo di
risalire.
Al Sindaco e all’assessore Nacci il mandato di
provarci.
Con il coraggio di chi sa di essere dalla parte del
giusto.
La pazienza di una storia che può ritornare.
L’orgoglio di un leone che può rinascere.
E con la volontà, ripetendo il leit motiv della campagna
elettorale di un anno fa, di liberare il calcio a Bitonto da coloro che con i
loro comportamenti l’hanno affossato.