La
sua automobile: un Maggiolino degli anni ’70. La sua abitazione: una piccola
fattoria alla periferia di Montevideo. Il suo stipendio: 1.000 euro al mese,
dei 10.000 che gli spetterebbero per guidare il suo paese; tutto il resto in
beneficenza ad organizzazioni non governative ed associazioni locali di mutuo
soccorso. Ed orgoglioso dice che «debbono bastare perché la maggior parte dei
miei connazionali vive con molto meno». José ‘Pepe’ Mujica: con un presidente
della Repubblica così, il parlamento dell’Uruguay non poteva essere da meno.
Dopo
un lungo ed estenuante iter legislativo, è giunta finalmente ad approvazione
una legge nazionale che prevede l’uso esclusivo di software liberi e formati
aperti per le pubbliche amministrazioni (che sollievo per le casse dello
Stato!). La bella notizia giunge dopo che, qualche settimana fa, anche il
comune di Monaco di Baviera aveva effettuato la medesima scelta. Per non
parlare del numero crescente di aziende che hanno deciso, negli ultimi mesi, di
affidarsi al software libero sia per ragioni economiche sia per l’annuncio
della Microsoft di sospendere da aprile gli aggiornamenti per Windows XP.
Spulciando
fra gli articoli della legge in questione (dal sito di Gianni Minà), mi ha colpito in particolare la
formulazione dell’ARTICOLO 3: È d’interesse generale che il
sistema educativo provveda a promuovere l’uso di software libero e formati
aperti. Un articolo che si commenta da solo, che dimostra la grande
lungimiranza dei legislatori del paese sudamericano. Ogni paragone con l’Italia
è, in questo caso, superfluo. Gli uruguayani ci insegnano che, se ci sono
l’intelligenza e la volontà politica, le cose si fanno. Punto e basta. Non
abbiamo che da imparare.
Termino
la rubrica odierna, segnalando un altra chicca della sinergia fra il paese del
Sole di Maggio e il mondo dell’open source: la messa a punto, da parte di tre
giovani ricercatori, di un sito (http://quesabes.org) che sta rivoluzionando il rapporto
tra cittadini e burocrazia in Uruguay. Il sito si fonda su un paradigma molto
semplice: riceve in entrata le richieste del pubblico e poi le smista
all’amministrazione dello Stato competente per materia. Tutto viene registrato
e pubblicato sul sito, comprese le mancate risposte. Il software su cui si regge
il servizio è rigorosamente open source:
ciò ha permesso di lanciare il sito senza bisogno di sostegno finanziario,
avvalendosi della collaborazione di ONG già attive nella promozione della
trasparenza digitale. Una vera lezione per tutti quanti noi, amministratori e
cittadini.
Per
contattarmi scrivete a rubriche@dabitonto.com(specificando il nome della rubrica) oppure direttamente a michele.savino.51@gmail.com.