Un bitontino alla “Parigi-Roubaix”.
No, purtroppo non è il titolo di un quotidiano sportivo d’oltralpe, ma è quello che è successo non più tardi dell’ultimo fine settimana. Il suo nome è Luigi De Gennaro, presidente della “Velosprint” che ha fatto risorgere dopo anni di dimenticatoio e che ormai ci ha abituato alle sue imprese ciclistiche non comuni. L’ultima, in ordine di tempo per il 59enne, è stata, appunto, la Parigi-Roubaix, nota come “l’Inferno del Nord”.
Organizzata direttamente dall’Aso, la società organizzatrice del Tour de France, è una sfida per gente ardita essendo la gara più difficile del calendario ciclistico internazionale!
E, nonostante l’appellativo poco rassicurante, è questa una gara a cui ogni ciclista prima o poi nella vita vorrebbe partecipare. Decine e decine di chilometri di Pavé per conquistare uno dei più ambiti trofei ciclistici: l’immancabile cubetto di porfido. Il nostro concittadino è partito alle 7 di sabato 12 aprile per affrontare i 170 chilometri con tutti i 30 settori di pavé affrontati dalla corsa dei pro, dalla Foresta di Arenberg al Carrefour de l’Arbre, da Mons-en-Pévèle a Quérénainng, Cysoing e Saint-Phyton e ha concluso la sua performance col giro di pista nel mitico velodromo di Roubaix alle 14.40 col risultato di sette ore e 40 minuti. Risultato eccellente e il perchè è presto detto: Luigi si è classificato 37esimo nella categoria generale amatori francesi e terzo in quella specifica de “I veterani”.
«Quello che ho provato in questo evento è stato davvero unico – evidenzia De Gennaro – in quanto, immerso in un’atmosfera surreale, ho vissuto un’esperienza che va al di là di quanto si possa immaginare avendo personalmente vissuto l’epopea di un pezzo di storia dello sport del ciclismo, consapevole che quelle strade sono state percorse da una serie infinita di campioni come Coppi, Gimondi, Merckx, Moser, Hinault, Ballerini, Museeuw, Boonen, Cancellara e Van der Poel. Questo è stato l’aspetto che mi ha reso particolarmente orgoglioso: l’aver messo le ruote della mia bicicletta sulle stesse strade percorse da questi campioni. La prima metà del percorso prevedeva stradine strette in mezzo ai paesini caratteristici oppure in mezzo a prati e coltivazioni della campagna francese. Il vento, poi, è stato sempre presente e quasi mai a favore. Poi sono cominciati i settori in Pavè che si sono susseguiti uno dietro l’altro ed è stato davvero emozionante vedere gli striscioni di ingresso e fine settore con le stellette, il nome e la relativa lunghezza e col pubblico che ti incitava e batteva le mani al passaggio. I settori hanno una conformazione a schiena d’asino che andavano percorsi nella parte centrale e che mi hanno costretto a stare attentissimo per non scivolare. Alcuni tratti erano in buono stato, altri invece erano piuttosto dissestati, con addirittura buche tra una pietra e l’altra. Non c’è pietra che sia uguale all’altra, non c’è settore in pavé che sia uguale ad un altro. Distogliere lo sguardo da quelle pietre, significava cadere. I settori della seconda metà del percorso sono stati una vera sofferenza, ravvicinati e sempre più duri e che mi hanno prodotto dolore e sofferenza dappertutto».
Luigi, poi, ha tre dediche speciali riguardando quello fatto pochi giorni fa: la ex moglie Maria Lucia Frascella, scomparsa qualche anno fa per un brutto male; i compagni della “Bitonto bike”, con i quali ha condiviso gli allenamenti lunghi del periodo invernale; il meccanico di fiducia Giuseppe Belgiovine, per il lavoro impeccabile effettuato sulla bicicletta utilizzata per la battaglia ciclistica.