Un importante riconoscimento per la via Appia a Roma. La “Regina Viarum” è infatti entrata a far parte del Patrimonio mondiale dell’umanità, diventando il 60esimo sito italiano riconosciuto dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura. A deliberare l’iscrizione nella lista Unesco è stato il Comitato del Patrimonio Mondiale, riunito a Nuova Delhi, nella sua 46esima sessione. Si è trattato della prima candidatura promossa direttamente dal Ministero della Cultura.
A tal riguardo, ha scritto il prof. Nicola Pice, illuminante come al solito: “La “Via Appia. Regina Viarum” è definitivamente iscritta nella Lista del Patrimonio Mondiale ed è diventata il 60° sito italiano riconosciuto dall’UNESCO. Bitonto è nella mappa configurata e dunque non bisognerà perdere l’occasione di valorizzare la nostra storia e la nostra identità e ricercare i conseguenti benefici economici che ne potrebbero derivare. Il nostro tratto viario non ha solo la Cattedrale romanica e una importante rete museale quali beni culturali di straordinaria importanza da offrire alla vista di chi l’attraversa. Studi recenti hanno individuato dodici nuclei abitativi disposti lungo l’area extraurbana collocata ad ovest di Bitonto, mentre mancano evidenze archeologiche nell’area ad est del centro storico, la qual cosa fa presupporre che la scelta abitativa nella porzione ovest dell’attuale centro urbano sia avvenuta per una maggiore difendibilità data dalla lama e per una più facile comunicazione con i centri vicini. L’antica Bitonto aveva un incredibile tracciato viario: la via Minucia che verosimilmente aveva origine a Canosa e a Bitonto prendeva un percorso costiero in direzione di Bari parallelamente alla Lama Balice e di qui a Egnazia e quindi a Brindisi (è la strada che attraversa Orazio il cui viaggio è raccontato nella satira I,5); la via Gellia che si dirigeva verso Ceglie; la via Traiana, il cui tracciato da Ruvo a Bitonto è identificabile con la carrozzabile che corre a S della SP 231 e che attraversa le località Madonna delle Grazie, villa De Lucia, Bosco della Vergine, Selva della Città, Monteverde, Taverna di Gerardo, Padre Eterno, costeggiando l’area cimiteriale. Diversi rinvenimenti di età preromana e romana sono stati scoperti principalmente lungo le due arterie stradali di via Traiana, a nord-ovest di Bitonto, e via Megra che parte dalla zona sud-ovest del centro urbano estendendosi fino alle frazioni di Palombaio e Mariotto. Nella zona a sud-ovest si registra una prima frequentazione di età preistorica, in contrada Megra, collocata lungo il tratto iniziale della via omonima, e in località Primignano, a circa 5 km da Bitonto. Sempre su via Megra, altre attestazioni riferibili al periodo tra età del ferro ed età arcaica si hanno in località Torre del Carmine e Malnome-Ad Veneris. Tutti questi siti erano parte di un sistema abitativo a nuclei sparsi sul territorio, collocati lungo quella che doveva essere una delle principali vie di comunicazione. Attestata è la presenza di diversi nuclei dislocati nel territorio a sud-ovest del centro urbano bitontino che sorgono in un’area vantaggiosa per la presenza di naturali punti di difesa e di approvvigionamento idrico; in quella direzione scorre infatti la Lama Balice-Lama di Macina che, oltre a percorrere il limite sud di Bitonto, attraversa anche l’area ad ovest in direzione nord-est/sud-ovest. Diversi nuclei abitativi sparsi nel territorio continuano ad essere frequentati, ma non pochi nel periodo classico ed ellenistico finiscono per scomparire del tutto. I siti posti nell’area lungo il percorso della Via Traiana, ovvero Torre del Conte e Bosco Antonelli-Selva della Città conservano tracce di una frequentazione continuativa dall’Età del Ferro fino all’età romana. In località Bosco Antonelli il materiale archeologico attestato rimanda ad una funzione cultuale dell’area di rinvenimento, almeno per un periodo che va dal V al III secolo a.C. Come suggeriscono i toponimi “Selva” o “Bosco”, quest’area doveva consistere in una notevole estensione di terreno incolto e boschivo che, già frequentata durante l’età preromana, diventa successivamente proprietà imperiale. Va considerato che un altro toponimo con cui è conosciuta l’area di Selva della città/Bosco Antonelli è Contrada Vico. Quest’ultimo termine rimanda senz’altro al vicus romano che, insieme al pagus, costituiva il sistema insediativo rurale. Il materiale archeologico analizzato suggerisce una connotazione sacrale dell’area che poteva configurarsi come un lucus, ovvero un “bosco sacro”. Per il Bosco Antonelli si può dunque immaginare l’area come un luogo sacro collegato con il nucleo principale e da quest’ultimo facilmente raggiungibile, collocandosi su una delle maggiori arterie stradali che collegava i centri di Bitonto e Ruvo”.