«Finalmente, dopo nove anni, è stata fatta giustizia. Sono stati commessi degli errori ed è giusto che chi ha sbagliato, paghi». Sono le parole di Carla, moglie di Francesco Panzarino, l’operaio 47enne di Bitonto, che è morto a causa di un incidente sul lavoro avvenuto il 24 agosto 2015, mentre era impegnato nei lavori di riqualificazione di una scuola a Santa Maria di Leuca.
Il presidente della Corte d’Appello di Lecce, Domenico Toni, ha emesso un dispositivo di sentenza nei confronti di Anna Agostinacchio, Leonardo Campa e Vincenzo Bagnato, confermando quanto disposto nel 2021: per i primi due la condanna è di un anno e quattro mesi, mentre per il terzo di due anni.
Questi sono stati condannati anche al pagamento delle spese processuali. Le motivazioni saranno depositate entro 90 giorni e gli imputati avranno 45 giorni di tempo per un eventuale ricorso in Cassazione.
Secondo quanto ricostruito quella mattina di nove anni fa la sveglia di Panzarino suonò con qualche minuto di ritardo: dopo un bacio alla moglie Carla e una carezza ai figli Onofrio e Michela, alle 3.40 era già in auto alla volta di Castrignano del Capo.
Quello fu il suo ultimo viaggio verso quel cantiere che diventò la sua trappola mortale: sì, perché quel lunedì d’agosto, Panzarino fu travolto da un muro divisorio e due solai dello stabile di via Leonardo da Vinci, dove stava eseguendo alcuni lavori di ristrutturazione per convertire un ex istituto scolastico, in un museo.
Immediato l’arrivo di vigili del fuoco, per estrarre il corpo, ormai senza vita, dalle macerie, e poi le sirene si rincorsero.
Ad accertare le presunte responsabilità furono i carabinieri e gli operatori del Servizio di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro della Asl di competenza: il pubblico ministero, Massimiliano Carducci, iscrisse nel registro degli indagati Agostinacchio, titolare dell’azienda Arc costruzioni di Palombaio (frazione di Bitonto) e cognata dell’operaio, perché non avrebbe fornito i giusti sostegni agli operai, il direttore delle opere e coordinatore della sicurezza, Bagnato, e il responsabile unico del procedimento per conto del Comune, Campa, per omessa vigilanza.
Dall’inchiesta era emerso che gli operai stavano lavorando su un muro portante che non era stato segnalato, né puntellato secondo le norme di sicurezza vigenti.
A distanza di cinque anni arrivò la sentenza in primo grado dal Gip di Lecce, Maddalena Torelli: Agostinacchio e Bagnato furono condannati a un anno e quattro mesi di reclusione, mentre Campa a due. Tutti e tre incensurati hanno fatto ricorso in appello: l’udienza si è celebrata l’8 luglio scorso.
La sentenza ha confermato le provvisionali nei confronti della moglie, i figli, e i tre fratelli della vittima – complessivamente in 240 mila euro -, ma i familiari, assistiti dall’avvocato Michele Pasculli, al momento non hanno incassato alcuna somma: «con un eventuale ricorso del pool difensivo degli imputati in Cassazione – spiega il legale –, i tempi del risarcimento si allungherebbero ulteriormente».