Da Rosanna Perillo riceviamo e volentieri pubblichiamo
Si è tenuto mercoledì 22 maggio, presso l’ITES “V. Giordano”, un laboratorio per le/i docenti, condotto, per conto della rete “Educare alle differenze” e di “ActionAid”, da una delle operatrici del centro antiviolenza “Io sono mia” di Bitonto – Palo, sulle strategie di intervento nei contesti scolastici volte a contrastare la violenza di genere nelle sue varie forme: violenza maschile contro le donne, violenza omolesbobitransfobica, normatività di genere. Un corso operativo sulle procedure da mettere in campo finalizzato a fornire gli strumenti adeguati per volgere il proprio sguardo di adulte/i, educatrici/educatori verso tutte le molteplici forme di discriminazione che, molto spesso, vengono sottovalutate o, ancor peggio, ritenute normali in un contesto come il nostro ancora fortemente patriarcale, spesso misogino, e fortemente eterocisnormativo.
Un laboratorio “prezioso”, in quanto chiama la scuola ad affrontare il nodo fondamentale della prevenzione e del contrasto alle forme di violenza di/del genere.
La scuola non può sottrarsi al suo compito educativo e riflessivo, al suo essere luogo di formazione aperto, visionario e critico, al suo essere luogo di accoglienza ed inclusione. Non può sottrarsi alla responsabilità di educare alle differenze e di intraprendere con le/gli studenti un cammino di riflessione sociale e strutturale sulle cause della violenza, sia essa contro le donne che contro la comunità LGBTQIA+.
Trattare il fenomeno della violenza senza una riflessione che riguarda la strutturalità della cultura patriarcale nelle sue varie manifestazioni di sessismo nella lingua, nella pubblicità, nel lavoro, nei salari, significa derubricare, a semplice fatto di cronaca, un fenomeno quanto mai importante e ormai, purtroppo, assai presente nella nostra quotidianità, come il femminicidio. Allo stesso modo l’omolesbobitranfobia è frutto di pregiudizi e modelli veicolati dalla cultura patriarcale, che i giovanissimi assumono acriticamente dagli adulti e che spesso li ritengono gli unici possibili.
Che fare allora? Come la scuola può e deve dare il suo contributo a un cambio di paradigma? Come essa può farsi soggetto della trasformazione verso una società più inclusiva?
La scuola è tra le altre cose il regno della parola e la parola è performativa. Ha cioè la capacità di agire sul mondo per confermarlo o trasformarlo. Pertanto, il modello del puro e semplice trasferimento di informazioni è inadeguato, se pensiamo che con le parole si fanno cose molto più complesse. La funzione performativa ha un grande potere in quanto, per essa e attraverso essa, le parole agiscono come vere e proprie azioni necessarie a generare un cambio di paradigma. Dunque, attraverso una serie di azioni teoriche e pratiche (indicatori da osservare, ascolto, accoglienza, comportamenti corretti) la scuola può diventare il luogo della trasformatività e incidere in maniera concreta sul cambiamento sociale ed individuale.