Dottrina e Giurisprudenza concordano nel ritenere assenza ingiustificata non solo il semplice comportamento omissivo del dipendente (es. mancata presentazione del certificato medico circa l’impedimento ad assumere o riassumere servizio, mancata comunicazione di altro impedimento, ecc.), ma anche ed essenzialmente la volontà del dipendente stesso a sottrarsi agli obblighi cui è tenuto (prestazione del servizio), volontà che può essere manifesta o anche solo desunta dai suoi comportamenti, purché questi ultimi siano univoci e chiari.
Non bisogna confondere l’assenza ingiustificata da quella arbitraria. Sono due tipi di assenza correlate ma distinte: entrambe sono conseguenze del comportamento del dipendente. L’assenza arbitraria, la più grave, si ha quando il dipendente abbandona il servizio senza presentare alcuna giustificazione formale. Mentre, si può parlare di assenza ingiustificata quando il lavoratore è assente in sede di controllo fiscale, ovvero quando l’assenza si protrae oltre la durata confermata dalla visita fiscale. Di assenza ingiustificata si può parlare anche quando il docente, regolarmente presente alle lezioni mattutine, è assente durante lo svolgimento di un’attività collegiale funzionale all’insegnamento, purché regolarmente convocata, e senza che tale assenza fosse stata giustificata al dirigente scolastico. Tali tipologie di assenze determina un procedimento disciplinare a carico del dipendente. Tuttavia, ci sono situazioni di assenze ingiustificate che non sono disciplinate da alcuna norma e che di fatto si possono verificare. Tali situazioni sono carenti dell’elemento soggettivo (dolo). È il caso dell’impossibilità di riassumere servizio dopo una vacanza all’estero, dovuta a causa di forza maggiore improvvisa ed imprevedibile: mancanza di mezzi di trasporto, volo cancellato. In questa tipicità di assenza non può ravvisarsi un aspetto disciplinare vero e proprio. L’unico effetto che produce è la decurtazione della retribuzione e la non validità del servizio, salvo copertura contributiva a carico del dipendente. Diversamente si andrebbe in contro ad una indebita retribuzione e, quindi, suscettibile di responsabilità erariale.
Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, Comparto Istruzione e Ricerca 2016-2018, laddove disciplina gli obblighi del dipendente, all’art. 11, comma 3°, lett. e) stabilisce che il personale docente, educativo e ATA “… non deve assentarsi dal luogo di lavoro senza l’autorizzazione del dirigente o del responsabile … DSGA”. Ne consegue che tale personale, in quanto dipendente pubblico, non può interrompere il rapporto di lavoro per motivi diversi da quelli previsti dal CCNL. L’interruzione del rapporto di lavoro unilaterale da parte di tali dipendenti rappresenta una violazione degli obblighi contrattuali e, pertanto, si configura come assenza ingiustificata.
La competenza a decidere sulle assenze ingiustificate è attribuita al dirigente scolastico, a seguito del decentramento di cui all’art. 14 (Attribuzione di funzioni alle istituzioni scolastiche) del D.P.R. 08/03/1999, n. 275, secondo cui “a decorrere dal 1 settembre 2000 alle istituzioni scolastiche sono attribuite le funzioni già di competenza del l’amministrazione centrale e periferica relative alla carriera scolastica e al rapporto con gli alunni, all’amministrazione e alla gestione del patrimonio e delle risorse e allo stato giuridico ed economico del personale non riservate all’amministrazione centrale e periferica”. Pertanto, a partire da tale data, l’istituto giuridico dell’assenza ingiustificata del personale scolastico non dirigenziale (docenti, personale educativo, personale ATA) rientra nelle competenze del dirigente scolastico, salvo sanzioni disciplinari più gravi la cui competenza ricade in capo all’Ufficio per i procedimenti disciplinari.
Con la contrattualizzazione del rapporto di pubblico impiego e la successiva entrata in vigore del decreto legislativo 150/2009, che ha introdotto l’art. 55 quater, comma 1, lett. b) del decreto legislativo 165/2001, l’assenza ingiustificata costituisce illecito disciplinare sanzionabile, a fronte del quale il datore di lavoro è legittimato all’adozione di misure disciplinari che possono giungere, nei casi più gravi, anche all’intimazione del licenziamento. Tali norme hanno apportato significative modifiche, intervenendo anche nell’istituto della decadenza dal servizio in presenza di un’assenza ingiustificata non inferiore a quindici giorni, ai sensi dell’art. 127, lett. c, del D.P.R. 10 gennaio 1957, n.3.
Sul punto, l’art. 55 quater, comma 1, lett. b) del d. lgs. 165/2001, stabilisce che “la sanzione disciplinare del licenziamento si applica quando l’assenza è priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell’arco di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall’amministrazione”. Mentre, l’art.12 (Sanzioni disciplinari) del CCNL, Comparto Istruzione e Ricerca, 2016-2018, stabilisce che “le violazioni da parte dei dipendenti, degli obblighi disciplinati all’art.11 (Obblighi del dipendente) danno luogo, secondo la gravità dell’infrazione, all’applicazione delle seguenti sanzioni disciplinari previo procedimento disciplinare: a) rimprovero verbale, ai sensi del comma 4; b) rimprovero scritto (censura); c) multa di importo variabile fino ad un massimo di quattro ore di retribuzione; d) sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a dieci giorni; e) sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da 11 giorni fino ad un massimo di sei mesi; f) licenziamento con preavviso; g) licenziamento senza preavviso”. Oltre tali sanzioni disciplinari, lo stesso articolo disciplina altre sanzioni previste dal d.lgs. 165/2001, per le quali l’autorità disciplinare viene identificata nell’Ufficio per i procedimenti disciplinari, ossia: “a) sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un massimo di quindici giorni, ai sensi dell’art. 55-bis, comma 7, del d.lgs. n. 165/2001; b) sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre mesi, ai sensi dell’art. 55-sexies, comma 1; c) sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un massimo di tre mesi, ai sensi dell’art. 55-sexies, comma 3, del d.lgs. n. 165/2001”.
Pertanto, dinanzi ad un caso di assenza ingiustificata del proprio dipendente, il primo passo che il dirigente scolastico deve fare, prima di attivare la procedura disciplinare, è la valutazione del fatto contestato e se lo stesso possa essere sanzionabile sotto il profilo disciplinare in base alle vigenti norme di legge e di contratto, ovvero se la presunta sanzione da applicarsi rientri nella propria competenza. La valutazione dell’assenza ingiustificata dev’essere fatta sia da un punto di vista oggettivo che da quello soggettivo, nel senso che il dirigente scolastico deve accertare se l’assenza non sia ricollegabile ad una situazione prevista dalla legge o dal contratto (ferie, permessi, malattia, ecc.) e che nel comportamento del dipendente non ci sia il dolo nell’assentarsi. Accertata la fondatezza dell’assenza ingiustificata, il dirigente scolastico attiva la procedura disciplinare che può concludersi con sanzioni disciplinari e, nei casi più gravi, con la sanzione massima del licenziamento la cui competenza è dell’Ufficio per i procedimenti disciplinari di riferimento. La sanzione del “rimprovero verbale” può essere applicata solo al personale ATA, in quanto per i docenti non è prevista.
Sommariamente il procedimento disciplinare inizia con una tempestiva contestazione di addebito dell’assenza ingiustificata, con assegnazione di un termine perentorio entro cui il dipendente può eventualmente produrre le controdeduzioni. Accertata la fondatezza dell’assenza ingiustificata, il dirigente scolastico commina uno specifico provvedimento formale motivato (decreto) che andrà a determinare una serie di conseguenze. Da un punto di vista economico, l’assenza ingiustificata in sede di controllo fiscale può comportare l’applicazione della sanzione pecuniaria prevista dall’art.5, comma 14 del D.L.12/9/1973 n. 463 (convertito con modificazioni nella legge 11/11/1983 n. 638) che testualmente recita: “Qualora il lavoratore, pubblico o privato risulti assente alla visita di controllo senza giustificato motivo, decade dal diritto a qualsiasi trattamento economico per l’intero periodo sino a 10 giorni e nella misura della metà per l’ulteriore periodo, esclusi quelli di ricovero ospedaliero o già accertati da precedente visita di controllo”. Mentre, gli effetti dell’assenza ingiustificata, corroborata giuridicamente dalla deliberazione della Corte dei Conti, Sezione di Controllo, n. 113 del 18 novembre e 11 dicembre 1980, generano la perdita della retribuzione nella misura di 1/30 per ogni giorno di assenza riconosciuta ingiustificata e la non validità del periodo di assenza ingiustificata ai fini pensionistici, previdenziale, di carriera, ecc.