Facciamo, oggi, un breve salto in avanti nel tempo, rispetto agli anni ‘80, per parlare di un esempio di partito monotematico che, al suo interno, aveva diversi personaggi famosi. Un partito che univa l’attenzione a temi ben precisi e circoscritti, alla presenza di personaggi dello spettacolo, altro fenomeno che, come abbiamo visto, caratterizzò quel decennio.
Parliamo del Partito dell’Amore, un partito fondato nel 1991. Siamo, quindi, nei primi anni ’90, quando la crisi dei partiti aveva già raggiunto l’apice della sua forza distruttiva. Non ebbe alcuna forza particolare, anzi, fu un flop, tanto da sciogliersi solo tre anni dopo. Non approdò mai neanche nella nostra circoscrizione, limitandosi a quella laziale. Ma ne parliamo perché non fu il classico partito monotematico. Fu un esperimento particolare che ebbe come protagonisti i volti più noti del cinema porno dell’epoca: Moana Pozzi, Ilona Staller detta Cicciolina, Barbarella, Eva Orlowsky e Riccardo Schicchi, fondatore dell’agenzia Diva Futura, manager degli attori e delle attrici più famosi e, all’epoca, assoluto re dell’industria cinematografica hardcore.
Nacque, come abbiamo già anticipato, il 12 luglio 1991, ma le origini sono da ricercare qualche anno prima, nell’87, quando l’attrice ungherese, naturalizzata italiana Ilona Staller fu eletta alla Camera dei Deputati, tra le fila del Partito Radicale, con oltre 20mila preferenze nella circoscrizione Lazio (fu seconda dopo Pannella), divenendo la prima attrice hard ad essere eletta in un parlamento nazionale.
Già candidata, alle politiche del 1979, nella Lista del Sole (tra le prime liste verdi italiane), senza tuttavia conseguire, quella volta, risultati significativi, fu inizialmente molto attiva nell’impegno per l’ambiente e per i diritti umani. Nell’85 portò quell’impegno nel Partito Radicale unendo, ad essi, l’impegno per la riapertura delle case di tolleranza e l’abolizione della legge Merlin. E, ancora, la legalizzazione delle droghe, l’educazione sessuale nelle scuole, la sensibilizzazione sui pericoli dell’Aids e proposte per garantire un diritto all’affettività e alla sessualità per i detenuti. Temi che, però, non furono condivisi da Moana Pozzi al momento della fondazione del PdA. Il programma di quest’ultima, infatti, era più incentrato sulla lotta alla corruzione politica e alla criminalità, sul dimezzamento del numero dei parlamentari, abbracciando spesso toni prettamente antipolitici. Nelle varie interviste televisive concesse, prese pubblicamente le distanze da alcune posizioni della sua collega e compagna di partito.
Pozzi e Staller rappresentavano le due diverse anime del piccolo partito. Una libertaria, rappresentata da Cicciolina e Riccardo Schicchi, l’altra che si definiva più cristiano-sociale e che si collocava al centro (ne facevano parte Moana Pozzi e Mauro Biuzzi).
Il partito cercò di attirare su di sé un crescente voto di protesta, utilizzando anche una retorica antipolitica e antipartitica, molto in voga in tempi di forte crisi politica. Soprattutto quando, unendosi al Partito Pensionati, si candidò alle elezioni politiche del 1992 nella sola circoscrizione laziale, iscrivendo nella propria lista Moana Pozzi (capolista), Ilona Staller e altre dive dell’hard. Ottenendo, tuttavia, un risultato deludente. Al contrario dei risultati elettorali, tuttavia, molto forte fu il clamore suscitato dalla comparsa di un partito di pornodive. In Italia e all’estero.
Alle amministrative romane dell’anno successivo, la pornodiva genovese, che nel frattempo era diventata segretaria del PdA, si candidò anche a sindaco di Roma. Anche qui con risultati irrilevanti.
Moana Pozzi morì nel ’94 e la leadership passò a Mauro Biuzzi per un breve tempo, fino allo scioglimento del partito.
L’esperimento del Partito dell’Amore fu rilevante non tanto per i consensi elettorali, che non furono per nulla esaltanti, ma perché fu una delle tante manifestazioni della crisi della politica che si presentò attraverso varie forme, tra cui la comparsa di miriadi di liste e listarelle monotematiche (https://bit.ly/3kuz8cg ). Un fenomeno che non passò inosservato a Michele Mirabella che, in un editoriale pubblicato il 12 aprile ’94 sulla Gazzetta del Mezzogiorno, all’indomani delle elezioni, si chiese i motivi che avevano spinto tanta gente a candidarsi in piccole liste dalle inesistenti possibilità di vittoria. Partendo proprio dal citare il PdA: «Già vedo profilarsi, dopo il Partito dell’Amore, delle Pentole, della Caccia, dell’Automobile, dei Casini, anche il Partito dei Trombati».
«Ma davvero tutti speravano nel seggio? – scrisse, ancora, lo scrittore e prof bitontino – Lo so che moltissimi sono andati in lista a far numero, ad accontentare il cognato capolista, il condomino progressista, un vecchio amico d’infanzia in vena di capopopolo, ma gli altri, quelli che per il fugace e fatale attimo ci hanno creduto? Di quelli temo, per quelli tremo. Le disillusioni divengono spesso disperazioni e le disperazioni sono pronube di follia, istigano il sonno della ragione, noto padrino di mostri».