Tutte le squadre di calcio, qualunque sia la categoria di loro competenza, possiedono una metaforica spina dorsale, un asse verticale che solo se solido e coordinato alla perfezione può dare all’intero “organismo” concrete possibilità di primeggiare sull’avversario di turno. Abbiamo così pensato di intervistare quattro fondamentali tasselli della “colonna vertebrale” in campo (più allenatore, dirigenti e presidente) dell’USD Bitonto Calcio, che ha fatto sognare i suoi tifosi fino al primo gradino delle scale che portano a quel paradiso pallonaro chiamato Serie C, ancora sconosciuto alla nostra città.
Iniziamo dal numero 1 per eccellenza, il portiere, nel nostro caso rispondente al nome di Antonio Figliola, palesino classe ’99 capace di inanellare quest’anno ben 36 presenze su 37 partite totali, fra Campionato e Coppa, dimostrando maturità e doti psico-atletiche rare per un estremo difensore della sua età. Buona lettura!
Ciao Antonio. Partiamo dagli eventi più recenti, vale a dire dalla sfortunata trasferta bagnata in quel di Taranto che ha interrotto sul nascere il vostro cammino nei playoff. Rimpianti?
“Non abbiamo veri e propri rimpianti, dal momento che è stata una delle nostre migliori partite stagionali, purtroppo vanificata da un paio di errori gravi nel primo tempo. È capitato a noi come poteva capitare a loro di giocare bene e non raccogliere i meritati frutti, pazienza, il calcio va così. Una volta accorciate le distanze, era troppo tardi per poter ribaltare il risultato nei novanta minuti ma siamo stati all’altezza di un’ottima squadra come il Taranto, per di più in casa loro, anche se poteva andare diversamente, magari ai supplementari…”.
Riavvolgendo il nastro dell’intero Campionato del Bitonto, secondo te, la squadra ha ottenuto il massimo risultato possibile in rapporto al valore della rosa a disposizione di mister Pizzulli?
“Partendo dal presupposto che abbiamo fatto un grandissimo Campionato, dispiace solo per qualche punto di troppo perso per strada, immeritatamente, anche a causa di colpi di sfortuna decisivi. Quasi tutte le partite sono state affrontate benissimo dalla squadra, portando in campo un gioco all’altezza della categoria. Rispondo alla domanda dicendo che, a livello di singoli, non eravamo secondi a nessuna delle tre che ci hanno preceduto ed il nostro allenatore si è dimostrato valido, preparato e con un’idea di calcio molto chiara”.
A livello individuale, invece, come giudichi la tua annata in neroverde? Sei al secondo anno di Università, oltre che di militanza in D, puoi darti un voto in trentesimi…
“Personalmente, mi do un ‘25’. Per natura, sono un ragazzo molto autocritico, pur avendo piena consapevolezza del mio valore: posso e devo migliorare ancora tanto. Venivo da una prima esperienza in D non facile (alla Fulgor Molfetta, ndr) ma che è servita tantissimo, con il senno di poi, a farmi calare in questa categoria tanto prestigiosa quanto difficile. Mi sono fatto in fretta le ossa ‘tra i grandi’, nonostante i tanti gol al passivo. Quest’anno, la fiducia di mister, compagni e società mi hanno fatto capire che sono sulla strada giusta, infatti, penso con ottimismo già alla prossima stagione, sono carico e, smaltita la delusione dei playoff, sto già programmando il modo in cui tenermi in forma durante l’estate”.
Dopo i cinque rigori (su dieci) parati a Molfetta, altri tre tiri dal dischetto neutralizzati in questa stagione. Sei ancora molto giovane ma hai già la fama di “para-rigori”, puoi svelarci com’è maturata in te questa qualità così preziosa per un portiere di calcio? Hai avuto dei maestri o hai dei modelli tra i portieri professionisti?
“Mi informo sui probabili rigoristi avversari prima di ogni partita, come fanno tutti i miei colleghi. A me piace andare d’intuito, mi metto nei panni del tiratore in base al momento della partita e cerco di cogliere l’ultimo secondo utile per decidere come comportarmi. Secondo me, non ci sono veri e propri insegnamenti per imparare a neutralizzare i tiri dal dischetto, è un istinto che devi avere dentro. L’interista Handanovic è il mio modello di portiere ‘para-rigori’”.
Chiudiamo con le ambizioni del ventenne Antonio Figliola, atleta che ha già annusato il calcio professionistico (a Monopoli, due stagioni or sono, ndr) e studente di Marketing. Il tuo cartellino appartiene al Bitonto, in più di un’occasione sei stato “osservato” in azione dagli addetti ai lavori di categorie superiori alla D, dove l’anno prossimo saresti ancora under, ed hai iniziato anche a costruirti una base professionale extra-sportiva. Quali sono i tuoi progetti a breve e lungo termine?
“Rimanendo nell’ambito calcistico, mi piacerebbe continuare a giocare a questi livelli o, perché no, più su… Sono ambizioso e umile allo stesso tempo perché conosco le mie capacità ma anche quelle di coloro che giocano a livelli più alti rispetto al mio. Dovessi rimanere a Bitonto, sarei comunque molto felice, mi sono trovato bene in questa società, così desiderosa di crescere e fare sempre meglio, ed anche con i compagni e i tifosi la convivenza è stata ottimale. Passando all’Università, si è trattato di una mia scelta fortemente voluta e spero di laurearmi nel minor tempo possibile; non dovessi far carriera nel calcio, mi piacerebbe lavorare nei settori commerciale o finanziario, ma non legati al mondo dello Sport. Infine, vorrei ringraziare la mia famiglia perché non mi mette alcun tipo di pressione addosso, sia quando gioco sia nella vita universitaria. I miei mi sostengono sempre e da sempre ma senza mai assillarmi”.