Anticamente, in assenza di sistemi fognari o di piccoli pozzi neri, il modo più sbrigativo per eliminare i “rifiuti corporali” era quello di sbarazzarsene “sic et simpliciter” buttandoli fuori di casa.
Per questo motivo, nelle città, le strade e i vicoli divennero ricettacolo di feci ed urina. Ogni mattina non c’era casa dalla quale dalla porta o dalla finestra non si svuotavano i “vasi da notte” al grido: Attenti sotto!
Per anni tale situazione portò ad un aumento delle malattie infettive specialmente nelle città più popolate: tubercolosi, febbre tifoide, dissenteria, colera e altre forme infettive. Verso la fine del Medioevo nelle piccole abitazioni vi erano vasi da notte caratterizzati da una capiente caraffa di metallo o ceramica da tenere sotto il letto dove fare i propri bisogni, mentre nelle abitazioni più agiate vi erano piccole latrine di pietra che sporgevano dalle mura così da far cadere i bisogni direttamente sulle strade sottostanti.
Successivamente a Bitonto, nel 1512, venne realizzata un’imponente opera di ingegneria idraulica per assicurare l’igiene pubblica, tuttora in uso.
Tale opera, portata a termine nel 1567 grazie all’interessamento del ceto nobile locale, con condutture fognarie di ben cinque diverse dimensioni, da 1,80×1,10 metri a 0,60×0,50 centimetri, tutt’oggi appare ai nostri occhi un’opera maestosa, tanto che, in un convegno tenuto nel 2005 dalla Prof.ssa Mimma Pasculli Ferrara, relativo alla rete fognante del centro antico di Bitonto viene definita “OTTAVA MERAVIGLIA”.
Un’autentica opera d’arte da riscoprire e rivalutare.
(Foto rete fognante – ing. Gianfranco Lauta)