A volte, per scoprire la vera anima di un luogo, bisogna andare oltre la mappa turistica e lasciarsi guidare dall’istinto. Specchia, piccolo borgo incastonato nel cuore del Salento, era uno di quei luoghi dove il tempo sembrava aver deciso di rallentare, un luogo in cui ogni pietra raccontava una storia sussurrata al sole e al vento. E decisi, così, sarà stato il 2011, di andare a conoscere Specchia.
Il mio arrivo a Specchia avvenne al crepuscolo, quando il sole in realtà cala e il borgo si accende di una luce dorata. Le stradine strette e contorte mi accolsero come un dedalo fatto per perdersi, un invito silenzioso a esplorare senza fretta.
Il cuore pulsante di Specchia è la piazza principale, spazio dove le persone si incontrano un po’ per caso, un po’ per tradizione. Seduti su sedie o su panchine affollate -specie d’estate-, i vecchi raccontano storie di tempi in cui la vita era dura, ma semplice, scandita all’alba dal canto del gallo e poi, tra gli altri aspetti, dal profumo delle olive spremute. Ricordo un anziano in particolare: mi invitò a unirmi a lui per un bicchiere di vino rosso, fatto in casa. Era un sapore terroso, che sapeva di sole e fatica, ma anche di festa e allegria. La sua voce mi raggiunse mentre parlava di vecchi tempi, quasi ormai da andare a cercare sotto cieli che non sono più i nostri.
Le case contadine del paese, le “case a corte” di Specchia, con i loro piccoli cortili interni, nascosti dietro portoni massicci giallo oro, mi apparvero come autentici mondi segreti. Immaginai le famiglie di un tempo, riunite a raccontare storie sotto il cielo stellato; ecco il suono delle cicale a fare da colonna sonora, ecco una signora che torna con una cesta di fichi neri. Un sorriso, un cenno del capo: riti e movimenti propedeutici utili a farmi conoscere, poi, un giardino dove cresceva un albero di limoni, il cui profumo si mescolava con quello di erbe selvatiche. Era come se, in quel momento, tutto fosse perfettamente in armonia. Pensai a “Don’t think twice, it’s all right”, di Bob Dylan: il senso di un viaggio che non era solo geografico, piuttosto interiore, qualcosa di più profondo e spontaneo, che quasi non aveva bisogno di spiegazioni.
E le chiese? Sant’Eufemia, sobria, un rifugio per chi cerca un momento di pace. La pietra custodisce storie di antichi pellegrini e segreti, forse, mai rivelati. Il silenzio, dunque, lì era denso, tangibile, invitava ad una riflessione che andava oltre la stessa preghiera: un richiamo alla consapevolezza di sé e del mondo intorno. Per cena, mi fermai in una trattoria familiare dove il menù non era certo scritto su carta e, meno che mai, su QR code. Fave e cicoria arrivarono in tavola con pane abbrustolito e olio extravergine di oliva. Ogni boccone un sapore semplice ed intenso: lo si direbbe già un viaggio nei campi assolati e tra i muretti a secco che circondano il borgo. “Qui si mangia con il cuore”, mi dissero in un’altra trattoria, una volta, in Lucania. Beh, siamo lì. La ristoratrice, quella volta, si sedette accanto per ascoltare le mie impressioni. Il viaggio tra i borghi è come un film, per davvero, fatto di dettagli, di incontri casuali e sguardi sinceri.
Questo scritto su Specchia, come si capirà, non dice quel che del paese c’è da vedere. Siamo stufi di pezzi ‘turistici’. Dice delle emozioni semplici di un viaggio piacevole. Quando lasciai Specchia, la notte era ormai scesa e il paese sembrava riposare sotto un cielo che traboccava di stelle. L’aria era fresca, piena dell’odore di tutti i fiori e il canto lontano di una fisarmonica raggiunse me e la compagnia che naturalmente si creò. Non grandi monumenti o attrazioni famose a tutti i costi ma una sensazione profonda e dolce di avere vissuto qualcosa di autentico. Specchia mi lasciò tutto questo. E tutto ho riconfermato tornandoci nel tempo. Specchia, infine, come promessa sussurrata. Così me ne andai. Ma l’esperienza era solo ai primi vagiti e sarebbe continuata. È l’esperienza del viaggio attraverso i nostri paesi del Sud. Quel giorno quell’esperienza si era fermata a Specchia, per già ripartire. È ancora lungo il cammino.
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(foto: Ecoturismoonline )