Ringraziamo innanzitutto Alessandro Intini, Editore della testata Da Bitonto, e il Direttore Mario Sicolo per l’opportunità di intraprendere una rubrica dedicata ai dubbi più frequenti che attanagliano le coppie che stanno per lasciarsi.
Metteremo da parte il linguaggio giuridico, quasi che fossero chiacchiere davanti a un caffè: argomenti seri, trattati con leggerezza. Nella nostra esperienza professionale, dobbiamo rispondere quotidianamente a domande che spesso nulla hanno a che fare con il diritto, perchè riguardano le scelte esistenziali che, in un momento di estrema fragilità come quello della disgregazione del nucleo familiare, le persone non riescono ad affrontare da sole, delegandole anche al proprio avvocato.
Ci soffermeremo, perciò, di volta in volta su argomenti che riguardano la coppia e i minori, senza tralasciare gli aspetti umani delle vicende.
Ci piace l’idea di iniziare la rubrica, parlando di infedeltà e di quello che comporta nell’ambito della separazione.
Il coniuge che è stato tradito, crede di poter ottenere il prezzo del proprio dolore, una sorta di risarcimento da chi ha mandato in frantumi il matrimonio. Ma non è così.
Il matrimonio obbliga i coniugi alla fedeltà reciproca, che viene intesa come dovere di non tradire la fiducia, quindi anche l’adulterio virtuale è causa di addebito. Tuttavia chi richiede la separazione con addebito deve provare non solo il tradimento, ma anche il nesso di causalità rispetto alla crisi coniugale, cioè deve dimostrare che il fallimento del matrimonio è stato determinato dall’adulterio. Una volta dimostrati questi presupposti, la pronuncia dell’addebito avrà come effetto:
a) il pagamento delle spese legali;
b) l’impossibilità di ottenere il mantenimento, anche se il responsabile fosse privo di mezzi, potendo solo in caso di bisogno ottenere gli alimenti, cioè lo stretto necessario per vivere;
c) l’impossibilità di diventare erede in caso di premorienza del coniuge tradito.
Come si suol dire, l’amore è bello finché dura, ma se finisce a causa di un terzo, occorre essere molto avveduti per non aggiungere la beffa al danno, procurandosi prove idonee come investigazioni private, estratti di messaggistica o di post pubblicati sui social.
Soltanto se l’adulterio è talmente trasgressivo da aver leso i diritti personalissimi, come la dignità e il decorso, sarà possibile richiedere anche il risarcimento dei danni, se adeguatamente provati.
(Rubrica a cura degli Avvocati Maria Federica Verna e Maria Anna Pia Castellaneta – foto Corriere-web)