Quali sono, invece, le ragioni della parte
avversa? Perché gran parte della politica italiana, da sinistra a destra,
tenterà di sabotare la riforma Renzi-Boschi?
La prima cosa che si biasima è che essa sacrificherebbe la rappresentatività delle
istituzioni a vantaggio della governabilità e violerebbe principi supremi della Costituzione, quali l’appartenenza
al popolo della sovranità, stabilendo che una delle due Camere, il Senato,
ridotta a soli 100 membri, non sarà eletta direttamente dall’elettorato, ma dai
Consigli regionali, con il risultato che alcune importanti funzioni saranno in
parte affidate ad un organo non direttamente rappresentativo dei cittadini. Oltre
al fatto che creerebbe conflitti di competenza tra Stato e Regioni, sottraendo
agli enti locali poteri e risorse. Il Senato, che dovrebbe rappresentare questi
ultimi, avrebbe un ruolo più formale che sostanziale.
La “Renzi-Boschi”, quindi, sarebbe responsabile
di attribuire, nell’ottica di una volontà accentratrice, troppo potere all’esecutivo, il Governo, a scapito di un Parlamento
depotenziato, riprendendo di fatto, grazie anche alla legge elettorale detta “Italicum”, le volontà della riforma
Berlusconi, bocciata del referendum del 2006. C’è chi vede addirittura rischi di autoritarismo.
I 95 senatori, eletti tra sindaci e consiglieri
regionali, svolgerebbero male sia il ruolo in Comune o in Regione, sia quello
in Senato, pregiudicandone la funzionalità.
Si evidenzia poi come essa sia frutto di un’iniziativa
del Governo e quindi di una sola parte politica, non rappresentativa della
maggioranza della popolazione, e non del Parlamento, come dovrebbe essere quando
si mette mano alla carta suprema dell’ordinamento italiano, che in quanto tale
necessita del maggior consenso possibile e dunque di una maggioranza più ampia,
anche rendendo partecipi le forze di opposizione. Cosa che, secondo i
detrattori della revisione, non è stata fatta.
Il processo di revisione della Costituzione
italiana, dunque, sarebbe stato appiattito allo stesso livello di una legge
qualunque.
Non
servirebbe neanche a semplificare i processi normativi, sia per l’inadeguatezza della divisione delle
funzioni tra le due Camere, che potrebbe far sorgere vizi di costituzionalità,
sia perché aumenta i procedimenti legislativi, moltiplicandone fino a dieci le
tipologie e aumentando la confusione. Come non
servirebbe ad aumentare la partecipazione dei cittadini, elevando il numero
dei sottoscrittori necessari per l’iniziativa legislativa popolare (da 50mila a
150mila) e a ridurre i costi della
politica.
In conclusione, ma non in ordine di importanza,
secondo i contrari, la “Renzi-Boschi” sarebbe una riforma dal contenuto non
omogeneo, per cui l’elettorato sarà chiamato ad esprimere un solo voto
nonostante la varietà dei quesiti.