Il messaggio non è di quelli letti o pensati per caso, perché ogni parola è pensata. Ponderata. Studiata. E certifica, in modo quasi ufficiale, uno strappo, di cui già si parla da settimane e di cui si è avuto un assaggio nel penultimo Consiglio comunale, quando più di un consigliere ha avuto da ridire sull’operato del proprio presidente, Vito Labianca.
E ieri mattina si è consumato il secondo atto, decisamente più incisivo e significativo del primo. Si dovevano costituire – dopo lo tsunami politico dello scorso inverno che ha cambiato i connotati dell’assemblea consiliare – le nuove commissioni consiliari, vecchie e inadatte da mesi vista la geografia presente a Palazzo Gentile.
Ed è questo il problema. Si sarebbero dovute costituire. Ma c’è stato un nulla di fatto, e tale sarà finché non verrà affrontato uno scoglio tutt’altro che secondario: continuare a mantenere e avere fiducia del presidente del Consiglio comunale.
Ed è stato lo stesso sindaco Michele Abbaticchio a dirlo. A microfoni aperti. E senza infingimenti. Così: “È mio dovere, in qualità di portatore della sintesi politica della maggioranza, farmi carico di specifiche istanze e doglianze che si sono ripetute nei confronti del regolare ed efficace svolgimento dei lavori consiliari. Il problema delle commissioni avrebbe dovuto essere posto al centro di un dibattito costruttivo e permanente in seno e in collaborazione con tutti i capigruppo del Consiglio comunale. Oggi (ieri, ndr), con una serie di mosse svolte in modo repentino (quasi a voler recuperare il tanto tempo perduto dopo che il vaso della conciliazione si è ormai rotto) ci ritroviamo in un Consiglio comunale diviso sulla questione, fortemente compromesso nella sua evoluzione dibattimentale. Sento minacce di dimissioni da tutti, meno da chi dovrebbe farsi carico di tutto questo. E, peraltro, nel mio passato da sindaco, nessun presidente del Consiglio comunale ha fatto carico al sindaco o alla giunta di una sintesi istituzionale che trova nei principi regolamentari condivisi da tutti la necessaria partenza o, come in questo caso, ripartenza del necessario confronto e analisi dei provvedimenti da discutere in aula”.
Questa è solo la premessa. Per uscire dalle sabbie mobili, allora, “l’unica soluzione, quindi, per ritrovare una sintesi che va oltre le posizioni politiche di parte per trasformarsi in visione unica, è ripartire dal capo per arrivare alla coda. La mia proposta è, pertanto, di sottoporre al vaglio del prossimo Consiglio comunale l’apposizione della fiducia sul lavoro sinora condotto dal presidente del Consiglio comunale a seguito della relazione che consegnerò con apposita istruttoria. A seguito della quale, con conferma o sfiducia della carica, si determinerà con sintesi istituzionale chi dovrà o tornerà a farsi carico della responsabilità di giungere a sintesi condivisa, non certo a uno sbarramento di posizioni numeriche che pongano in crisi il principio stesso della democrazia locale”.
Il concetto è chiaro, allora. E il dado è talmente tratto che non si può tornare indietro. Vista la situazione di paralisi attuale, e per di più con un presidente dell’Assemblea praticamente messo all’angolo, il primo cittadino ne chiede, in sostanza, la defenestrazione, in quanto ritenuto uno dei principali colpevoli di questo impasse. E, anche qualora dovesse salvarsi, come e con quale animo Vito Labianca “tornerà a farsi carico della responsabilità di giungere a sintesi condivisa”, così come chiede Abbaticchio stesso?
La situazione sembra ormai insanabile, e in una Bitonto già di per sé politicamente un unicum con 20 esponenti di maggioranza e cinque di minoranza, sta per andare in scena un’altra prima volta: la mozione di sfiducia nei confronti del presidente del Consiglio comunale.
La regola l’articolo 12 comma tre dello Statuto: “Il presidente e il vicepresidente del Consiglio sono revocabili solo con il voto favorevole di 2/3 dei consiglieri. La revoca ha effetto immediato”.
E siccome, secondo i frequentanti delle sale dei bottoni, già sarebbe pronto il nome del sostituto, la cosa certa è che un altro scossone (politico) si sta affacciando minacciosamente a Palazzo Gentile.