È stato inaugurato
giovedì sera il Comitato referendario
“Basta un Sì”, il punto di riferimento in via Corridoni 12 (arteria che
collega via Repubblica con via Verdi, ndr) dei sostenitori del Si al prossimo
referendum sulla Riforma costituzionale,
in programma il 4 dicembre. Ad avviare i lavori del neonato comitato, il
coordinatore cittadino dello stesso, Marco
Tribuzio, che assieme al segretario del circolo cittadino del Partito
Democratico, Biagio Vaccaro, ha
illustrato i temi a sostegno del Sì al referendum. Assente, Marco Lacarra, segretario regionale del
PD, atteso per dare il via ai lavori del comitato bitontino.
Il coordinatore
Tribuzio ha spiegato ai sostenitori le ragioni del sostegno alla Riforma
costituzionale proposta dal Governo Renzi, e che potrebbe cambiare il volto del
nostro Paese.
«L’idea
del Comitato nasce perché abbiamo studiato la Riforma e perché abbiamo
verificato che dopo 70 anni la Costituzione va cambiata –
introduce Tribuzio –. Ognuno deve seguire
il sacro fuoco dell’impegno civico, oggi i sondaggi parlano di un Paese diviso
a metà, ci sono tanti indecisi, bisogna informare giustamente sul contenuto
della riforma e smontare le bufale. Spiegando come sia necessario oggi snellire
i processi legislativi».
«È
una riforma fatta da un Parlamento legittimo, come ribadito da una sentenza
della Corte Costituzionale – spiega –. Le forze politiche che oggi ci vengono a parlare di intoccabilità
della Costituzione, ovvero SEL, Lega Nord, Forza Italia, sono quelle che nei
lavori parlamentari dal 2014 al 2016 avevano proposto la modifica della prima
parte della Costituzione. La riforma non tocca invece i principi della prima
parte, vengono modificati 47 articoli della seconda parte, che contiene
procedure e meccanismi. Non cambia assolutamente la forma della nostra
Repubblica parlamentare, è il Parlamento – titolare della funzione legislativa
e di indirizzo – che dà la fiducia al Governo. Non vengono toccati i poteri della
Presidenza del Consiglio e del Governo, cambia l’organizzazione della macchina
parlamentare, la fiducia verrà ricevuta solo dalla Camera dei Deputati. Non
eleggeremo il Presidente del Consiglio o il Presidente della Repubblica,
rispetto ad altri tentativi di riforme degli ultimi 30 anni».
Ma quali nel
dettaglio le novità? «Sono tutti
cambiamenti che mettono semplicemente ordine in un Paese che in 70 anni ha
avuto 63 governi», osserva Tribuzio, che presto passa in rassegna i punti
cardini della Riforma.
Soppressione
del Senato. «Non ci saranno
più 315 senatori ma resterà solo la
Camera che, oltre alla fiducia, avrà potere di fare leggi sulle questioni nazionali.
Non ci sarà così più il pingpong tra i due rami del Parlamento».
«La
riforma è frutto di una proposta, la “Boschi-Renzi”, che ha subito due anni di
lavori parlamentari – aggiunge –. Sono stati presentati 82milioni di emendamenti, sei letture tra
Camera e Senato, due anni di lavori del Parlamento che hanno messo su un testo
comunque perfettibile e che poteva avere passaggi migliori».
«L’attuale
riforma si pone dinanzi alle esigenze del Paese, dando certezze sulla
tempistica delle fiducie, dell’approvazione delle leggi, di avere maggioranze
che vengono fuori dalle urne e che sono le stesse che andranno a governare il
Paese».
Il
legame con la legge elettorale. «Col Porcellum negli ultimi 15 anni abbiamo avuto un Parlamento di
nominati ed oggi si parla di rischio dittatura. L’Italicum – che non c’entra
nulla con la riforma costituzionale – prevede che venga divisa l’Italia in
cento collegi, ognuno con un solo capolista bloccato perché ci sono alcuni
parlamentari che svolgono funzioni di importanza nazionale e che non hanno il
contatto con il territorio. Sul resto dei parlamentari, gli italiani
esprimeranno il proprio parlamentare, indicandone nome e cognome».
Il
vincolo di mandato. «È uno
dei principi di tutte le costituzioni europee, i parlamentari non sono
obbligati a votare secondo le indicazioni del proprio partito. Ogni
parlamentare risponde agli elettori e alla propria coscienza, non al Presidente
del Consiglio».
Revisione
delle competenze tra Stato e Regioni. «Lo Stato deve ridefinire delle competenze generali con le leggi quadro
e le Regioni, dal canto loro, devono definire i criteri attuativi. Non si
tolgono poteri alle Regioni, perché con la riforma del Senato i rappresentati
regionali – sindaci e consiglieri regionali – rientrano nel Senato, con 95
senatori che non saranno retribuiti in più rispetto al percepito per il loro
incarico locale».
Restrizione
degli istituti di partecipazione e referendum. «Per le leggi di proposta popolare prima
bastavano raccogliere 50mila firme e depositare alla Camera il testo, ma in 70
anni di Repubblica solo 3 sono state le leggi analizzate su centinaia di
migliaia presentate. Nelle riforma si prevede l’innalzamento della soglia delle
firme da 50 a 150mila e l’obbligo della valutazione da parte della Camera. E
poi viene introdotto un nuovo istituto referendario: non più 500mila ma 800mila
firme raccolte, ed il quorum non sarà più il 50%+1 degli italiani che sono
andati a votare bensì il 50%+1 degli elettori che hanno partecipato alle
precedenti politiche. Il quorum sarà più basso e non sarà così più decisiva
l’astensione».
Il Comitato
organizzerà in queste prossime settimane gazebo informativi nelle principali
piazze bitontine (a partire da domattina, in Piazza Padre Pio), incontri
pubblici. Ed il 4 novembre ospiterà la senatrice Anna Finocchiaro.