“Mala tempora currunt, sed peiora parantur”, con le profetiche
parole ciceroniane si vuol discutere dei tempi duri che stiamo vivendo e quali
di peggiori se ne preparano se a vincere sarà un NO e se a vincere sarà un SI,
proprio perché di questa riforma nessun uomo ha ben capito cosa farne.
A pochi giorni dal voto nessuna
propaganda ormai s’ha da fare, piuttosto
la storia ci può tornare utile a comprendere chi, già nell’antica Roma, ha
provato a dimezzare il Senato o la ragione per cui due Camere, ambedue con
stessi poteri, sono al potere rischiando ogni giorno di congelare sempre più il
nostro procedimento legislativo, che da un lato garantisce la qualità della
legislazione, dall’altro permette a uno dei due rami del Parlamento di
ripensarci all’infinito.
Secondo la tradizione, il senato
originario, istituito da Romolo, ebbe cento membri, ma successivamente con
Silla fu portato a seicento membri, e ancora nel periodo dei triunvirati arrivò
a più di mille. Il primo imperatore, Augusto, tentò di ridurre le dimensioni
del Senato e lo fece attraverso tre revisioni alla lista dei senatori,
portandolo a seicento membri. La riforma del Senato era uno dei punti
innovativi della Riforma di Augusto, che
con coraggio e voglia di cambiamento portò quel particolare periodo romano
ad essere definito, nei libri di storia, come una fra le più importanti e
fiorenti età della città di Roma. Non
facciamoci spaventare dalla grandi parole, ma piuttosto siamo conservatori del
nostro passato e allo stesso tempo divulgatori di temerarietà e voglia di
cambiamento.
Con le elezioni del 1948, le
forze di sinistra sostenevano la necessità di creare un monocameralismo, sul
presupposto che la sovranità è unica dunque la rappresentanza deve essere
esercitata da un solo governo. A questa visione, si contrapponevano gli altri
partiti che auspicavano ad una seconda Camera, fu così dunque che la
contrapposizione tra le forze politiche portò ad un compromesso, realizzato nel
bicameralismo perfetto, fondato su due camere con la stessa ripartizione del
potere e con l’intento di evitare possibili dittature della maggioranza. Quasi
una scoperta, per chi credeva nel bicameralismo come una sorta di iter
legislativo garante di un più giusto funzionamento, ed invece nessun senso
politico ed economico, solo una tacita divisione
dei beni per reggere i voleri incrociati delle opposte forze politiche. Siamo realmente convinti che questo
bicameralismo, frutto di ideali così diversi, sia la giusta trattativa in grado
di governarci ancora? Crediamo che questo bilanciamento del potere sia, ancora
una volta, quel legittimo sistema in grado di farci progredire a livello
politico-economico?
Teresa Antuofermo (socia Associazione Controvento-Area Popolare Bitonto)
Il responsabile di
sezione, Roberto Cardinale – “Stare col SI vuol dire sostenere un processo riformatore di cui questo
Paese ha estremo bisogno. Non sono un renziano e non lo divento adesso, ma non
mi trasformo in un antirenziano per partito preso affiancandomi a tutto quello
che di più antimercato e illiberale ci possa essere in Italia. A chi continua
ad anteporre il giudizio sul Governo alla discussione sulla riforma
costituzionale, sommessamente segnalo che è un grave errore, perché si può
essere all’opposizione e riconoscere che la riforma servirà alla stessa
opposizione se tornasse a governare, non dimenticando di ricordare che dei 180
voti favorevoli alla riforma nel voto finale al Senato, oltre 70 sono stati
espressi da senatori non Pd e che la stessa Forza Italia ha votato a favore
nelle prime letture, dissociandosi solo dopo l’elezione del Presidente della
Repubblica, per una puerile ripicca e nulla più”.