Stando al naturale conteggio quinquennale, nel 2014, ci sarebbero dovute essere nuove elezioni del consiglio e del presidente della Provincia di Bari. Ma così non fu, perché quelle del 2009 erano state le ultime elezioni provinciali. L’ente, infatti, nel 2015 fu sostituito dalla Città Metropolitana di Bari, il cui sindaco divenne direttamente il sindaco del Comune di Bari. Dal 2015, dunque, è stato sempre Antonio Decaro, succeduto a Michele Emiliano alla guida del capoluogo pugliese.
Con la definitiva nascita della nuova realtà amministrativa giunse finalmente a conclusione un percorso lungo, durato un quarto di secolo e iniziato nel 1990. Fu quello, infatti, l’anno della legge 142, meglio nota come “riforma degli enti locali”. Una legge dalle conseguenze importanti non solamente perché ridefinì la disciplina degli enti locali, dando loro uno spazio ben più rilevante rispetto a quello avuto nei primi 45 anni di Repubblica, ma anche perché aprì la strada a tutta una serie di sperimentazioni di governance del locale, su vari aspetti. Si iniziò a pensare a nuovi modelli di rapporto tra elettori e politica locale e si iniziò a spianare la strada per quella che, poco dopo, sarebbe stata la “stagione dei sindaci”, avviata poco dopo con la legge 81 del ’93 (riforma elettorale per i comuni ed elezione diretta del sindaco).
In diverse occasioni, durante quei 25 anni, si era discusso di quel che sarebbe potuto accadere con l’istituzione della Città Metropolitana di Bari. In molti avevano paventato rischi di perdita di poteri per i comuni, a vantaggio del capoluogo. Timori già espressi nel 1990 da diversi esponenti politici dell’epoca in occasione di una seduta del consiglio comunale ad hoc aperta alla cittadinanza. Giovanni Procacci aveva definito l’ingresso di Bitonto nella Città Metropolitana barese un «ultimo atto» di un «costante e graduale processo di perdita di territorio, istituzioni, funzioni e con conseguente inglobamento nella aggressiva ed invadente realtà urbana di Bari».
L’ex sindaco Domenico Saracino, sempre nel 1990, aveva invocato unità di tutte le forze politiche, per evitare che «di fronte al sindaco metropolitano, il sindaco di Bitonto sarà di serie B, se non di serie C».
Mentre il sindaco di quegli anni, Michele Coletti, aveva sottolineato che «se tale legge dovesse essere definitivamente approvata, Bitonto perderebbe la sua identità. Il nostro Comune verrebbe privato delle sue competenze e spetterebbe ad altri decidere su tante e fondamentali questioni che riguardano la comunità bitontina. È doveroso che Bitonto si mobiliti per scongiurare una decisione di tale genere».
Timori che persistettero negli anni e che ritornarono in consiglio comunale nel 2012, nella seduta del 3 ottobre che, all’ordine del giorno, aveva l’approvazione di un atto di indirizzo in materia di Città Metropolitana.
Per l’occasione, ricorda il portale Bitontolive, il sindaco Michele Abbaticchio, annunciò le dimissioni da delegato della Conca Barese «perchè non posso più esserlo se dico no alla città metropolitana, e le ritengo un atto doveroso più per coerenza personale che per quella istituzionale».
La successiva votazione confermò l’orientamento scettico di palazzo Gentile, in linea con la gran parte dell’opinione pubblica e delle forze politiche cittadine. Il consiglio comunale espresse all’unanimità l’assoluta contrarietà alla Città Metropolitana, promettendo «di perseguire ogni iniziativa utile, anche in sede giudiziaria, per la difesa del territorio provinciale barese o in relazione alla riorganizzazione delle province, nonché per la sussistenza della autonomia del Comune di Bitonto, al fine di salvaguardare e valorizzare la sua specificità, il suo patrimonio storico – culturale – economico, nonché le potenzialità non ancora espresse; di partecipare ad ogni percorso concertato con UPI ed ANCI valutando l’opportunità anche di eventuali ricorsi in sede amministrativa e giudiziaria».
L’assise, inoltre, deliberò «di intensificare ed accelerare una concertazione con i rappresentanti istituzionali dei comuni limitrofi, con particolare riferimento agli enti locali appartenenti al Patto Territoriale della Conca Barese, al fine di proporre alla Regione Puglia un’ipotesi di riorganizzazione delle funzioni sovra-comunali (ferma restando l’assoluta autonomia degli enti locali appartenenti) alla suddetta Conca Barese organizzata in forma di unione di comuni o associazione di comuni; di dare atto che il Sindaco di Bitonto, qualora il proprio ente locale venga inserito nella Città metropolitana, si possa avvalere della facoltà prevista dalla suddetta legge di individuare nello statuto della città metropolitana le funzioni di pianificazione territoriale, ambiente, politiche sociali di competenza provinciale, cultura e turismo, ordine e pubblica sicurezza in capo ai comuni organizzati in forma di unione o associazione».
Una contrarietà tanto forte quanto assolutamente ininfluente, dal momento che, ovviamente, la Città era destinata a sostituire la Provincia. E così ovviamente fu.
Ultimo rappresentante bitontino dell’assemblea provinciale fu Antonio Sblendorio, esponente del Partito Democratico che, nell’estate 2013, entrò al posto del capogruppo Michele Monno, passato alla Regione Puglia, all’indomani della battaglia sui doppi incarichi che era stata portata avanti proprio dalla sezione del Pd bitontino.
«In un momento caotico e di grande confusione tra Provincia e Città metropolitana, ritengo sia importantissimo che Bitonto abbia un suo rappresentante, con gli attributi, nella stesura dello statuto. Se siamo fuori, rischieremmo di essere periferia, servi sciocchi o sobborgo della città metropolitana. Noi vogliamo conservare la nostra storia, le nostre tradizioni, la nostra identità, le nostre origini, la nostra vocazione agricola e artigianale» disse in occasione di un incontro, organizzato dal partito per fare un resoconto dei suoi dieci mesi nel consesso.
«Spero che nella “governance” della Città metropolitana non ci siano i sindaci: sarebbe opportuno fare una cosa e bene, per il bene delle nostre città e del nostro territorio» concluse Sblendorio.
Lo statuto fu approvato nel gennaio 2015. A comporre il nuovo ente furono tre organi. Il primo, ovviamente, è sindaco metropolitano, carica monocratica affidata al primo cittadino del comune capoluogo e, dunque, Antonio Decaro, che rimarrà in carica fino al 2024. Suo vice è stato, finchè è rimasto in carica, l’ex sindaco di Bitonto Michele Abbaticchio, rimasto, da giugno 2022, al fianco di Decaro come collaboratore alla pianificazione strategica, Pnrr e nelle relazioni con tutti i sindaci dell’area metropolitana. Il secondo è il consiglio metropolitano, composto da un numero di consiglieri variabile in base alla popolazione residente (14 per Bari) ed è un organo elettivo di secondo grado, scelto con un sistema proporzionale per liste. Hanno diritto di elettorato attivo e passivo i sindaci e i consiglieri dei comuni della città metropolitana. Il terzo è la conferenza metropolitana, formata dal sindaco metropolitano e dai sindaci dei 41 comuni che rientrano nel territorio. È competente per l’adozione dello statuto e ha potere consultivo per l’approvazione dei bilanci.
Tra i rappresentanti bitontini della città metropolitana, c’è stato anche Franco Natilla, che nell’ottobre 2014 fu eletto consigliere insieme ad Abbaticchio. 4053 voti al primo, 5919 al secondo.