Negli anni ’90, le regioni italiane compirono il loro primo quarto di secolo. Nate nel 1970, infatti, fu nel ’95 che spensero 25 candeline. Un tempo sufficiente, per gli studiosi, di analizzarne il funzionamento per comprendere come quell’ente intermedio tra città e governo centrale avesse influenzato la politica italiana.
Concludiamo, oggi, gli anni ’90 ricordando uno tra i più importanti contributi sull’argomento: l’opera Making Democracy Work, tradotta in Italia come La tradizione civica delle regioni italiane. L’autore fu Robert D. Putnam, famoso politologo statunitense e professore di Scienze Politiche all’Università di Oxford, nato nel 1941 a Rochester, nello stato di New York.
Fu tra i più importanti analisti che trattarono il tema del capitale sociale e il suo contributo fu uno dei più diffusi e utilizzati a livello mondiale. In particolare, con l’opera citata, pubblicata nel ‘93, analizzò il diverso rendimento istituzionale degli organismi regionali italiani, spiegando in che modo il sentimento civico esistente nelle diverse regioni avesse influenzato il funzionamento di quegli enti. Presentata alla Camera dei Deputati il 19 ottobre 1993, l’opera fu il frutto di una prolungata ricerca sul campo finalizzata ad indagare la qualità e il rendimento amministrativo delle istituzioni regionali in Italia e sui fattori che influiscono su di esso. Putnam iniziò a studiare il tema già negli anni ’70, insieme ad alcuni colleghi italiani.
«Quando iniziai la ricerca che viene presentata in questo libro, Nixon e Breznev non avevano ancora raggiunto l’apice del loro potere, il compromesso storico non era ancora stato inventato, le stelle del Festival di Sanremo erano Mina e Modugno, il giovane Bettino Craxi stava ancora scalando il Partito Socialista Italiano» spiegò il politologo nella prefazione all’edizione italiana del volume, edita da Mondadori: «Questo volume appare oggi in un mondo trasformato. Il Muro di Berlino è caduto, Mani Pulite ha distrutti l’intero sistema dei partiti e i suoi leader e il futuro destino della “seconda repubblica” riempie le pagine dei giornali di tutto il mondo».
Per l’autore, le ragioni dei diversi rendimenti sono da indicare nelle diverse tradizioni civiche delle venti regioni e nella presenza in misura differente di capitale sociale, inteso come «la fiducia, le norme che regolano la convivenza, le reti di associazionismo civico, elementi che migliorano l’efficienza dell’organizzazione sociale promuovendo iniziative prese di comune accordo».
Una presenza che, come si sottolinea nel testo, affonda nei secoli e nei millenni le sue radici, lasciandosi influenzare dalla storia diversa vissuta dalle varie regioni italiane. Putnam ricerca la differenza di civicness, nell’età dei comuni medievali, in cui il nord della penisola si sarebbe abituato all’idea dell’autogoverno, mentre il sud è stato più abituato a delegare a feudatari e monarchi la tutela del bene comune. E così l’autore contrappone un Nord popolato da cittadini ad un sud fatto di sudditi.
Nel capitale sociale rientrerebbero tutti quegli elementi comunitari, come fiducia e senso civico, che favoriscono la cooperazione verso un bene comune che può portare beneficio a tutta la comunità e può innescare un miglioramento delle politiche pubbliche. Per Putnam, più un determinato contesto sociale è caratterizzato da fiducia e senso civico, più saranno le possibilità che le azioni degli individui siano improntate verso il bene della collettività e meno influenzate da comportamenti opportunistici. Il dato riscontrato dall’autore del volume è che le regioni del nord Italia godono di migliori prestazioni amministrative perché dotate di una forte cultura alla cooperazione e all’impegno civico.
Altrettanto, però, non accade nelle regioni meridionali, dove la mancanza di cultura civica influisce sulla cattiva politica governativa. Ad esempio, con il ricorso a indicatori empirici di rendimento istituzionale, Putnam rilevò come a godere dei più alti livelli di funzionamento amministrativo fossero l’Emila Romagna e l’Umbria. Al contrario, la situazione cambiava radicalmente per il Sud Italia poiché caratterizzato da performance istituzionali carenti, soprattutto nelle regioni della Calabria e della Campania.
Secondo la tesi sostenuta nel libro, le regioni del nord Italia hanno un sistema amministrativo di miglior livello rispetto a quelle del Mezzogiorno, proprio in quanto perché dotate di maggiore sentimento civico, carente al sud. Per Putnam, questa era una delle caratteristiche che caratterizzerebbe il Mezzogiorno d’Italia ed era alla base della vasta diffusione di comportamenti opportunistici e sleali che ostacolerebbero la cooperazione tra gli abitanti di un territorio e tra le realtà esistenti su di esso e aumenterebbero il clima di sfiducia generalizzata all’interno della comunità. Nelle regioni meridionali, per l’autore, era maggiormente presente quel “familismo amorale” di cui, negli anni ’50, aveva parlato il sociologo statunitense Edward Banfield nel suo “Le basi morali di una società arretrata”, mentre in quelle settentrionali era presente in maggior misura quel civismo che Alexis de Tocqueville aveva descritto nel suo “La democrazia in America”, indicandolo come elementol indispensabile ad una democrazia stabile e funzionante. Più volte la Puglia è presa ad esempio di regione non proprio funzionante: «Già riuscire a trovare funzionari della Regione Puglia a Bari si è rivelato una sfida, per noi come per i baresi stessi. Infatti, come lo studioso straniero, anche il cittadino pugliese medio deve dapprima riuscire a scovare la sede centrale della Regione, un edificio anonimo situato al di là della ferrovia (Putnam si riferiva ovviamente alla vecchia sede del consiglio regionale in via Capruzzi, prima del trasferimento nell’attuale edificio di via Gentile, ndr). Nell’anticamera tetra ciondolano diversi impiegati stanchi o, piuttosto, indolenti […]. Un sindaco frustrato dall’impossibilità di ottenere qualcosa dai burocrati regionali».
Esempio opposto e l’Emilia-Romagna che dalla Puglia sarebbe separata da un divario abissale. Differenza da cui si sviluppa tutta la ricerca, che punta quindi a rispondere alla domanda: «Perché questo nuovo organismo ha ottenuto buoni risultati in Emilia-Romagna e non in Puglia?».
Se da un lato, diverse sono stati i pareri favorevoli alle tesi di Putnam, come si può leggere anche negli atti della presentazione del volume alla Camera, pubblicati in un apposito libro contenente gli interventi di Giorgio Napolitano, Romano Prodi, Paoli Sylosx Labini, Livio Paladin. Tre a loro, in voce discordante si pone Rosario Villari, scettico sulle ragioni storiche individuate e convinto che la mancanza di civicness, non sia da individuare nella forza delle istituzioni monarchiche e feudatarie, ma nella loro debolezza di fronte ai baronati locali. In posizione molto critica, si pose anche lo storico siciliano Salvatore Lupo, che, accusando l’analisi di Putnam di essere influenzata da approssimazioni e pregiudizi, spiega come anche nel sud manifestazioni di civicness ci siano state e ci siano e biasima lo statunitense di non considerare le diverse condizioni storiche, economiche, sociali che hanno caratterizzato lo sviluppo al nord e al sud. Lupo non concorda sul dualismo civic/uncivic individuato da Putnam, sulle ragioni storiche e sulla linearità dello sviluppo della civicness, smentito dall’affermazione del totalitarismo fascista proprio nella regione che, secondo l’americano, avrebbe mantenuto intatte le tradizioni civiche. Per Lupo, inoltre, l’analisi di Putnam non tiene in considerazione la storia politica dell’Europa dei secoli XIX e XX e l’affermazione del comunismo: “Il comunismo del secolo XX farebbe troppa paura, meglio tirare in ballo i comuni medievali”.