Abbiamo raccontato, negli appuntamenti precedenti di questa rubrica, l’avanzata di un nuovo tipo di partiti nel panorama politico italiano, quello monotematico, il “single issue party”, e abbiamo fatto anche alcuni esempi, soffermandoci su quelli più rappresentativi: i partiti verdi, che si concentrarono sull’ambientalismo, e il Partito dell’Amore, diviso tra l’antipolitica e una battaglia per i temi riguardanti la sessualità.
Ma, tra i protagonisti indiscussi del decennio degli anni ’80 ci fu un’altra categoria di partiti che si fece sempre più largo nella politica nazionale. Un tipo di partito che per certi versi si potrebbe anche definire monotematico, dal momento che la loro lotta si basava sulle richieste di maggiore autonomia o di indipendenza di alcune aree della penisola italiana. Stiamo parlando dei partiti autonomisti, regionalisti e della nascita della Lega Nord.
Ovviamente non nascono negli anni ’80 i partiti che fanno della richiesta di staccarsi da Roma la loro ragione di vita. Ci sono sempre stati, specialmente a Nord.
Sin dagli esordi dello stato repubblicano, in varie regioni dell’Italia settentrionale sono sorti movimenti del genere.
Pensiamo ad esempio alla questione triestina e alla presenza, lungo le zone a confine con l’ex Jugoslavia della minoranza slovena. Mentre tra gli anni ’50 e ’60 fu attivo un movimento per l’indipendenza del Territorio Libero di Trieste, per difendere i diritti dei cittadini di lingua slovena nacque l’Unione Slovena, fondata nel ’63 e ancora attivo in Friuli-Venezia Giulia.
In Trentino Alto Adige forte fu la presenza di movimenti e partiti a sostegno di causa come l’autonomismo del Sud Tirolo o l’annessione all’Austria. Talvolta, alcune di queste forze politiche, abbracciando ideologie di estrema destra, di ispirazione neonazista, utilizzarono anche lo strumento del terrorismo (https://bit.ly/3i49mu1 ).
Nel ’45, inoltre, fu fondato il Partito Popolare Sudtirolese, di ispirazione cristiano-sociale, che, in un primo momento rivendicò il diritto all’autodeterminazione della popolazione altoatesina e l’annessione all’Austria, ma, poi, si batté per l’autonomia e partecipò ai negoziati che portarono all’accordo del 1969 sull’ampliamento dei poteri amministrativi dell’Alto Adige.
In Valle D’Aosta sorsero l’Union Valdotaine (ancora presente) e altri movimenti autonomisti. Altri ancora nacquero in Veneto (Liga Veneta, Movimento Veneto Regione Autonoma), Friuli Venezia Giulia (Movimento per il Friuli), Piemonte (Piemont Autonomista), Liguria (Union Ligure), Lombardia (Lega Lombarda), Emilia Romagna (Lega Emiliano Romagnola), Toscana (Alleanza Toscana).
Anche a Sud ci furono movimenti per l’indipendenza o l’autonomia. I più influenti quelli relativi alla volontà di indipendenza delle isole. Il Movimento per l’Indipendenza della Sicilia fu un movimento indipendentista, attivo in Sicilia tra il ‘43 e il ‘51, che auspicava la separazione dell’isola dallo Stato Italiano. Oltre ad esso, se pur con forza nettamente minore, ci furono liste come il Fronte Nazionale Siciliano e Rinascita Siciliana, mentre in Sardegna a sostegno dell’indipendenza sarda sorse il Partito Indipendentista Sardo.
Qualche altro partitino o movimento ci fu nel resto del Sud Italia, come il Partito Popolare Calabrese, ma parliamo di soggetti dalla forza politica assolutamente irrilevante, essendo l’istanza autonomista molto più presente nel Nord, più ricco e con una storia decisamente diversa da quella delle regioni meridionali.
Torniamo, dunque, a Nord, negli anni ’80, quando, approfittando della sempre crescente crisi dei partiti politici nazionali, i movimenti autonomisti si imposero sempre più nella politica prima locale e poi nazionale, spesso utilizzando una retorica fortemente populista, antipartitica e ostile alla parte meridionale della penisola italiana. Una retorica che lamentava il dispendio di risorse che era sottratto alle ricche regioni settentrionali, a vantaggio di un Sud visto come un pesante rimorchio, luogo di malaffare e malapolitica. E denunciava anche come la forte presenza di immigrati meridionali fosse, per il Nord Italia, causa di problemi che andavano dalla sottrazione del lavoro per i residenti locali alla criminalità, organizzata e non, passando per la denuncia di un’impossibilità di integrazione tra gli abitanti delle due parti del territorio nazionale.
Il governo centrale e il Parlamento, inoltre, erano visti come ostili agli interessi del Nord, nonché come luoghi di corruzione e ruberie, ai danni dell’economia delle virtuose regioni settentrionali. “Roma ladrona” divenne uno degli slogan ricorrenti nella narrazione leghista.
Alle elezioni politiche dell’83, la Liga Veneta riuscì ad eleggere un suo esponente alla Camera dei Deputati, Achille Tramarin, e un altro al Senato, Graziano Girardi. Nell’87, invece, la Lega Lombarda elesse il suo segretario Umberto Bossi al Senato.
Un altro successo fu quello delle europee dell’89, quando i due partiti, riuniti nella lista Lega Lombarda – Alleanza Nord insieme ad altri movimenti regionalisti, raggiunsero l’1,8% dei voti.
Fu un esperimento dall’esito positivo, che portò, a fine ’89, alla nascita, a Bergamo, della Lega Nord, che, con una struttura confederale, riunì Liga Veneta, Lega Lombarda, Piemont Autonomista, L’Union Ligure, Lega Emiliano-Romagnola, Alleanza Toscana.
Sotto la guida di Bossi e del suo consigliere Granfranco Miglio, la nuova Lega Nord crebbe molto rapidamente, approfittando anche con nuovi programmi televisivi che ospitarono sempre più il segretario leghista. E fecero da cassa di risonanza per quelle narrazioni ostili ai partiti politici che, di lì a qualche anno, sarebbero esplose in tutta la loro veemenza. Programmi come “Mezzogiorno è” di Gianfranco Funari che sdoganò la Lega e Bossi e simpatizzò con le “picconate” del presidente della Repubblica Francesco Cossiga.
Parleremo nei prossimi appuntamenti della rubrica sia delle “picconate” che della televisione che funse da cassa di risonanza di un populismo sempre più forte, ammiccante non solo verso la Lega Nord, ma anche verso altre forze politiche populiste che nacquero negli anni immediatamente successivi.
Limitiamoci, qui, a raccontare della Lega Nord e del suo consenso che crebbe sempre più, portando questo nuovo soggetto politico a diventare, in pochi anni, vero e proprio protagonista della politica italiana. Un consenso che crebbe soprattutto a Nord, ma che si registrò talvolta anche a Sud, se pur in percentuali bassissime.
Nelle elezioni europee dell’89, ad esempio, anche a Bitonto ci furono alcuni voti che andarono all’allora Lega Lombarda – Alleanza Nord. Diciotto. Mentre la Liga Veneta, alle politiche dell’87 aveva ottenuto 64 voti alla Camera e 56 al Senato. Parliamo di percentuali irrilevanti, ma forse significative di il populismo di Bossi e della nascente Lega Nord avesse, già da allora, preso piede in alcune fasce di un elettorato sempre più orfano di un’appartenenza politica e ideologica.