Il giornalismo locale, in Italia, è stato una scoperta abbastanza tardiva e, per lungo tempo, nella nostra storia nazionale, è stato abbastanza marginale. Una marginalità le cui origini sono da ricercare nelle caratteristiche assunte dal giornalismo italiano sin dall’unificazione nazionale, quando nacquero molti dei quotidiani che sono tuttora esistenti, come La Nazione, nata a Firenze nel 1859, il Giornale di Sicilia (1860), il Corriere Adriatico (1860), il Roma di Napoli (1862), l’Arena di Verona (1866), il Corriere della Sera (1876), il Messaggero (1878), La Gazzetta Piemontese, nata nel 1867e nel 1895 diventata La Stampa. E la Gazzetta del Mezzogiorno, nata nel 1887 come Corriere delle Puglie.
A questi nuovi giornali era affidato il compito prioritario di costruire la nazione italiana e, quindi, l’informazione nazionale costituiva la parte prioritaria. Nonostante tutti i quotidiani nascessero a distribuzione regionale, soprattutto a causa delle difficoltà di trasporto sull’intero territorio nazionale, l’informazione era fortemente nazionale. Specialmente quella di natura politica. Tutte le testate aprivano con la cronaca politica nazionale, relegando l’informazione locale, laddove fosse presente, in fondo, nelle ultime pagine. L’obiettivo principale era costruire un’identità nazionale forte e la stampa quotidiana doveva assolvere una funzione pedagogica in uno stato nuovo, sorto in una penisola da secoli caratterizzata da divisioni e fratture, da grandissime divergenze sociali e culturali tra le diverse regioni. Un’impostazione che si mantenne nel tempo. Al tempo stesso la stampa continuò anche ad essere un prodotto colto, adatto solamente alla fascia più istruita della popolazione, alle élites e la tiratura rimase limitata.
A partire dal secondo dopoguerra, inoltre, gran parte della stampa italiana fu costituita dall’informazione di partito e da una netta polarizzazione della stampa in macroaree di influenza. Fino agli anni Sessanta e Settanta, quando, il giornalismo iniziò a mutare. Non solo perché si assistette alla nascita di molte testate indipendenti, non espressione di partiti e forze politiche, che tentavano di fornire, sia pure, spesso all’interno di un’area ideologica riconoscibile, un’informazione non condizionata dai partiti. Testate che sono perlopiù espressione di grandi gruppi imprenditoriali.
Ma anche perché si assistette, specialmente a partire dagli anni ’70 e ’80, alla diffusione del giornalismo locale. Una diffusione che è legata soprattutto a due motivi. Il primo è dato dalle trasformazioni socio-economiche dell’Italia e dall’affermazione di un nuovo modello di sviluppo basato sul decentramento territoriale e sulla riscoperta delle realtà locali italiane (ricordiamo che le regioni furono istituite nel 1970, argomento di cui abbiamo già parlato). Un processo che porta all’aumento dell’attenzione da parte di opinione pubblica e studiosi, sulla dimensione locale dei suoi tanti territori.
Il secondo fattore alla base del successo della stampa locale fu dato dai cambiamenti del mondo editoriale italiano. Cambiamento dovuti al consistente aumento degli
investimenti pubblicitari, in un’economia che aveva tratto vantaggio dal boom economico e che si basava principalmente sulla piccola e media impresa, dall’incremento della diffusione dei quotidiani, che permise l’individuazione di nuovi mercati locali, e dall’avvento di nuove tecnologie che favorirono la diminuzione dei costi di gestione e facilitarono la riorganizzazione del lavoro all’interno delle imprese giornalistiche.
«Si tratta di periodici, per lo più settimanali e mensili, che si propongono come vere e proprie finestre sulla città in cui vengono realizzati» è scritto nel volume “La stampa periodica in terra di Bari”, edito nel 2012: «Aggiornano sugli eventi politici, riportando le notizie sull’amministrazione comunale, le decisioni sulle opere da realizzare, le opinioni dei consiglieri e dei sindaci, accompagnando il tutto con le proprie considerazioni oppure “ospitando” quelle dei cittadini. […] Rendono conto delle iniziative che vengono attuate in campo culturale e formativo, per esempio nelle scuole o presso le varie associazioni. Proprio l’associazionismo, in molti casi, può contare su uno spazio autogestito. Senza dimenticare le numerose pagine dedicate allo sport. […] Portano avanti rubriche fisse di cultura popolare».
Grazie alla stampa locale crebbe l’attenzione verso nuovi temi e il giornalismo conobbe un nuovo pubblico. La stampa locale, nelle tante realtà territoriali italiane, iniziò a svolgere un importante ruolo nelle dinamiche locali, riportando istanze ed eventi non di interesse della stampa nazionale. Dando attenzione a quelle forze politiche più strettamente legate al territorio, che proprio in quegli anni iniziarono a nascere, tra movimenti regionalisti e liste civiche.
Un fenomeno, questo, da cui Bitonto non è stata affatto esente. Anzi, tutt’altro.
«Tutto si può dire, tranne che a Bitonto sia mancata la vis politica che ha contagiato e coinvolto intere generazioni e che si è manifestata attraverso la pubblicistica, dando luogo a iniziative giornalistiche, testate di un certo rilievo, spesso d’avanguardia. […] Negli ultimi cinquanta annim particolarmente fertile è stato il terreno di quanti si sono cimentati nel campo culturale» scrisse il professor Stefano Milillo in un altro volume, pubblicato nel 2009 dal Centro Ricerche di Storia e Arte, dal titolo “Bitonto in stampa. La stampa periodica locale dal dopoguerra ai giorni nostri”. Volume che ricorda tutte le testate giornalistiche, le riviste culturali, i periodici i fogli, stampati a Bitonto da partiti, enti, associazioni.
E fu in questo contesto che, nell’’83, nacque il “da Bitonto”. Non fu certamente il primo periodico locale sorto in città. C’erano già stati tante altre realtà nei decenni precedenti e sin dalla fine dell’800. E non fu, altrettanto certamente, neanche l’ultimo, dal momento che dopo quell’anno continuarono a nascere tante testate dalla vita più o meno lunga.
Nato dall’idea di Franco Amendolagine, fu registrato il 23 dicembre ’82 al Tribunale di Bari e vide il suo primo numero pubblicato nell’aprile dell’anno successivo. Tra le pagine, la politica ha sempre avuto un ruolo rilevante, con cronaca, editoriali, riflessioni, pubblicazione di atti. E con una storica rubrica “La voce dei partiti” che ospitava comunicati e riflessioni scritti direttamente dagli esponenti della politica cittadina, dando loro uno spazio che non era filtrato dalla mano del giornalista. Una rubrica di cui i partiti si servivano per pubblicare opinioni su fatti rilevanti della città, su decisioni prese a Palazzo Gentile, o per dare pubblicità di congressi cittadini ed eventi. Una rubrica che, oggi, fa notare anche quanto fosse più rilevante, all’epoca (nonostante la loro inesorabile crisi fosse già iniziata da anni ormai) il ruolo dei partiti politici. Oggi in gran parte sostituito da quello del sindaco e del singolo esponente politico, in un panorama politico molto personalizzato e molto meno basato su quelle grandi comunità che un tempo costituivano i partiti.