Abbiamo già accennato, parlando delle regionali 2015, all’inizio di una nuova era per la regione Puglia. L’era che vede come prima carica della massima assise regionale l’ex magistrato Michele Emiliano, a cui è toccato portare avanti l’eredità decennale di Nichi Vendola. Ma, rispetto al predecessore, quella di Emiliano è una figura totalmente diversa. E, dunque, la sua impronta sul governo regionale non poteva non presentare notevoli differenze.
Ma chi è Michele Emiliano?
Come spiega la sua biografia non molto aggiornata sul sito del Partito Democratico, cominciò a fine anni ‘80 la sua carriera di magistrato ad Agrigento. Carriera che proseguì nel 1990 alla Procura di Brindisi e nel 1995 a Bari con la Direzione Distrettuale Antimafia. Fu incaricato delle indagini sulla Sacra Corona Unita.
Eletto con il 53,8% delle preferenze, nel 2004 divenne sindaco di Bari e, durante il mandato, ricoprì per l’Anci le deleghe in materia di Politiche per il Mezzogiorno e di Coordinatore dei Sindaci delle Città Metropolitane. Rieletto sindaco di Bari nel 2009, mantenne la guida del capoluogo pugliese fino al 2014, per poi lasciarla al suo erede Antonio Decaro. L’anno successivo, quindi, dopo aver vinto le primarie regionali del Pd, fu eletto governatore e iniziò il suo mandato che, riconfermato nel 2020, finirà nel 2025. Nel frattempo, ha ricoperto anche i ruoli di segretario regionale del Pd e di presidente regionale, incarico che dura ancora oggi. Nel 2017, provò anche a candidarsi alla guida nazionale del partito, perdendo, tuttavia, contro Matteo Renzi, con cui, nonostante una iniziale sintonia, avviò un rapporto molto conflittuale.
Da magistrato come il suo ex collega Antonio Di Pietro, Emiliano si presentò inizialmente in politica come una sorta di Don Chisciotte della società civile cittadina (così fu definito in un articolo di Giuseppe Palella sull’edizione online del Quotidiano di Bari), per contrastare le degenerazioni e i malcostumi della vecchia politica e per fermare il declino morale e materiale della politica. Una riedizione, quindi, di quella stessa demagogia del riformatore che si candida in politica per cambiare dal suo interno qualcosa che, di sua natura, è terreno fertile per la corruzione e le sopraffazioni. Un populismo che fu usato in precedenza da Di Pietro e, più tardi sarebbe stato ripreso anche da Nichi Vendola.
«Sono un populista istituzionale» disse di sé Emiliano qualche anno fa al Corriere della Sera.
Emiliano, sin da subito, si caratterizzò per la sua politica molto personalista. Una caratteristica agevolata dal carisma che accompagnava la sua figura di magistrato impegnato sul fronte dell’antimafia. Una sorta di “battitore libero” prima di tutto sul fronte delle alleanze. Dapprima dalemiano, mollò il leader dei Ds quando la sua stella fu al tramonto, transitando sul carro più vincente di Matteo Renzi, in quella che fu la sua fase più populista. Contribuì, dunque, a rottamatore proprio il suo ex alleato D’Alema, per poi entrare in collisione anche con Renzi e iniziare ad inseguire il Movimento 5 Stelle quando, quest’ultimo, era all’apice della popolarità.
Pur stando fedelmente nel Pd, Emiliano ha spesso posto in essere linee politiche più indipendenti dalle volontà del partito. Non solo. Pur ricoprendo importanti incarichi politici e amministrativi nel partito, decise di disfarsi della tessera di partito, quando, nel 2018, una sentenza della Cassazione lo costrinse a scegliere tra quella e la toga (era in aspettativa da magistrato).
La sua natura antipartitica fu sin da subito evidente. A partire dalla candidatura a sindaco di Bari come outsider.
Alle regionali del 2015 si presentò come “sindaco di Puglia”, sfruttando la popolarità e il carisma che l’avevano accompagnato durante i dieci anni da primo cittadino barese. L’intento di quest’espressione era quello di rimarcare la vicinanza ai cittadini, sfruttando la figura del sindaco che, specialmente dopo l’elezione diretta del 1993, era sempre più percepita come un rappresentante diretto del popolo. Una figura con cui potersi confrontare facilmente, senza il filtro dei partiti politici, verso cui Emiliano non ha mai nutrito un attaccamento ferreo.
Uno stile, il suo, basato sulla comunicazione diretta con il suo elettorato, come scrisse, nel 2020, David Romoli su “Il Riformista”: «Lui e il popolo senza fronzoli e corpi intermedi e, se sembra proprio lo stile tipico del populismo, poco male. Quel che conta è che funzioni e in effetti funziona. Quanto a coerenza con le assicurazioni più solenni, il sindaco precorre i tempi, anticipa l’abitudine ormai universale a fare il contrario di quanto promesso e garantito. Giura che non sarà mai segretario del Pd pugliese, la cosa proprio non gli interessa. Nel 2007 diventa appunto segretario. Strilla che la presidenza di Regione è quanto di più distante dai suoi interessi e dai suoi desideri. Nel 2015, dopo essere stato per due volte primo cittadino barese, si candida alla guida della Regione vince e succede a Nichi Vendola come governatore».
Per il suo presentarsi come una sorta di sceriffo e per i suoi toni spesso poco istituzionali, la sua figura è simile, per moltissimi versi, anche a quella del governatore campano Vincenzo De Luca.
La sua azione politica è stata spesso politicamente molto fluida dal punto di vista delle alleanze. Emiliano, infatti, ha spesso rinsaldato la coalizione a suo sostegno, sfruttando la bandiera del civismo, accogliendo e affidando incarichi anche ad esponenti di coalizioni avversarie, centrodestra incluso.
Nonostante sia sempre stato nel Partito Democratico, infatti, si è sempre mosso molto liberamente, inseguendo alleanze inedite nell’agone politico. Elemento, quest’ultimo che è alla base della seconda fase del suo governo della Puglia, quella inaugurata con la sua rielezione nel 2020. Una fase in cui, per riconquistare una popolarità in parte persa a causa di vicende giudiziarie e di polemiche a cui, in questa sede, non facciamo riferimento, inseguì la marea di movimenti civici e partiti monotematici presenti in Puglia. Nel luglio 2021, infatti, lanciò ufficialmente il movimento Con Michele Emiliano, nuova creatura politica con il compito di fare da polline fra PD e M5s e di dialogare con esponenti del civismo e del mondo ecologista di sinistra, a partire dai Verdi. Sempre per inseguire il civismo, Emiliano diede vita ad una federazione di liste racchiusa in “Insieme per la Puglia”. Un civismo inseguito sia come alternativa a partiti sempre meno popolari, a partire dal suo Pd e sia per camuffare alleanze che, a molti, dentro e fuori la sua coalizione, facevano storcere il naso. E così, sotto la bandiera del civismo, si è generato un nuovo trasformismo che ha visto transitare nella coalizione di centrosinistra esponenti di centrodestra come Massimo Cassano e, più recentemente, uno storico avversario di Vendola: Rocco Palese.
Un trasformismo che ha fatto sentire i suoi effetti anche nei livelli più periferici dell’azione politica, come i comuni. Basti pensare alla porzione di centrodestra che ha sostenuto e ancora sostiene il centrosinistra bitontino. O alla libertà garantita alla lista “Con” che, alle amministrative di Bitonto del 2022, si rese protagonista di una situazione alquanto schizofrenica, presentandosi in una coalizione avversa a quella del Pd, partito di provenienza del suo fondatore.