Il 12 e il 13 maggio 1985 i bitontini tornarono al voto per rinnovare il consiglio comunale. A sfidarsi, sette liste con 259 candidati.
Furono elezioni «fortemente politicizzate» come commentò il professor Michele Giorgio sulle pagine del “da Bitonto”, quando, all’indomani dell’appuntamento elettorale, sul numero di maggio e giugno ’85, scrisse: «Le votazioni del 12 maggio sono state fortemente politicizzate anche a Bitonto, perché hanno segnato il momento culminante della “rottura”, resa ancora più divaricante tra la Dc e il Pci. Tale rottura, fattasi sempre più violenta per la divisione litigiosa dei sindacati, è stata vissuta in termini drammaticamente politici della “paura del sorpasso”».
Solo l’anno prima, infatti, alle europee del 1984, il Pci aveva sorpassato la Dc, guadagnando una manciata di voti in più rispetto al suo avversario cattolico. Alle elezioni politiche dell’83, inoltre, a Bitonto, i comunisti erano riusciti a sorpassare i democristiani.
«Si possono fare le votazioni sulla “cultura della paura”? No di certo. La paura non fa cultura» commentò Giorgio, auspicando, da buon moroteo, la ripresa di quel dialogo tra area cattolica e area marxista. Nel ribadire questa necessità, ripropose quanto, il 1° maggio precedente, aveva detto il segretario democristiano Ciriaco De Mita, in visita in città.
«Il segretario della Dc ha fatto un grosso mea culpa – riportò Giorgio – per non aver capito Moro in tempi lontani, quando lo statista democristiano cominciava a lanciare caute sfide all’area laico-marxista allargata. De Mita ha riconosciuto di non aver capito, allora, che Moro guardava lontano».
«Anche a Bitonto il dialogo va ripreso e tale ripresa è incoraggiata pure dal risultato del 12 maggio. Le forze sono uscite più bilanciate; nessun partito può dire di aver stravinto e di dover fare la parte del leone» continuò, invitando lo scudo crociato, come partito di maggioranza relativa, ad essere promotrice di questo dialogo. Fu la Dc, infatti, a vincere le elezioni, ottenendo il 28,4% dei consensi. Ben 5 punti più in basso, il Pci si fermò al 23,2%. Superato anche dal Psi, che si confermò molto forte a livello comunale, ottenendo il 25,8%. Il Psdi arrivò all’11,8%, il Msi al 7,6%, il Pri al 2,8% e il Pli allo 0,4%.
Fu un risultato molto importante perché, dopo quindici anni di dominio socialista, tornò al vertice di Palazzo Gentile, un democristiano. Fu nominato sindaco, infatti, Michele Labianca, detto Lillino. Ma la parentesi democristiana durò ben poco. Solo due anni. La sua giunta fu formata, oltre che dalla Dc, anche da Psi e Psdi e, quando nell’87, Labianca si dimise a causa del perdurare della crisi tra le forze di maggioranza, fu il socialista Michele Coletti a subentrare, completando il mandato che si concluse nel 1990.
«Sono chiamato a presiedere una coalizione formata dalle forze cattoliche, laiche e socialiste, riprendendo una tradizione che vanta la storia politica e culturale della nostra Bitonto e che risale a Giovanni Modugno e Gaetano Salvemini. Nell’ottica di risolvere i pregressi bisogni reali e le reali esigenze del nostro paese e dei nostri cittadini, mi sforzerò di aprire un dialogo con la gente e con tutte le forze politiche presenti in questo consesso, al fine di costruire la città dell’uomo a misura d’uomo» fu il discorso di apertura del sindaco Labianca quando, domenica 21 luglio, fu insignito dell’incarico.
Ma il 1985 non fu solo l’anno delle amministrative. Ci furono, infatti, anche le elezioni regionali. E fu sempre la Dc a raggiungere il maggior numero di voti, ottenendo il 38,39% (20 seggi), seguita dal Pci con il 24,42% (13). Il Psi si attesta sul 15,04% (8), il Msi-Dn 10,28% (5), il Psdi il 4,41% (2), il Pri il 3,24% (1) e il Pli l’1,75% (1).
Tutte le altre liste, tra cui la Lista Verde (1,06%) e Democrazia Proletaria (0,80%), non riuscirono ad ottenere alcun seggio.
Un risultato a cui non fece eccezione l’esito del voto regionale bitontino, che vide sempre la Dc vittoriosa, se pur con uno scarto molto minore. Ottenne il 30,53% dei consensi. Neanche il 4% in più rispetto al Pci, che si attestò al 26,70%. Il Psi seguì con il 19,05%, mentre il Msi-Dn ottenne il 9,94%, il Psdi l’8,44%, il Pri il 2,25%, la Lista Verde l’1,02%, il Pli lo 0,82% e Democrazia Proletaria lo 0,81%.
Ad essere nominato presidente della Regione Puglia fu il democristiano Salvatore Fitto, padre del futuro presidente Raffaele, ex sindaco di Maglie negli anni ’70. Subentrò a Gennaro Trisorio Liuzzi che, nel 1983, era tornato a ricoprire la carica. E rimase a guidare la Puglia fino al 1988, quando, il 29 agosto, morì, all’età di 47 anni, in un incidente stradale sulla statale 7, tra Francavilla Fontana e Latiano, in provincia di Brindisi, mentre faceva ritorno a Maglie. L’auto sulla quale Fitto e il suo autista Lorenzo Capodiferro viaggiavano, una Lancia Thema, si schiantò contro un autocarro che viaggiava a luci spente, stando a quanto riportò la Repubblica il 31 agosto. Entrambi persero la vita.
Gli successe Giuseppe Colasanto, che completò il mandato rimanendo in carica fino al 1990.
Si votò, infine, anche per il rinnovo del consiglio provinciale. Fu sempre la Dc ad ottenere più voti, conquistando il 35,5%. Ben 4 punti percentuali in più rispetto al Pci, che arretrò al 31,5%. Il Psi prese il 13,2%, il Msi il 6,5%, il Psdi il 5,4%, il Pri il 3,5%, il Pli il 2,9%, Democrazia Proletaria lo 0,6%.
A Bitonto la Dc arrivò al 25,8%, mentre il Pci indietreggiò al 24,6%. Il Psi raggiunse il 18,4%, il Psdi il 15,9%, il Msi il 10,4%, il Pri il 2%, Democrazia Proletaria l’1,3%, il Pli lo 0,5%.
Fu nominato presidente della Provincia di Bari il democristiano Giuseppe Casone, che rimase in carica fino al giugno 1987, quando morì a causa di un malore. Fu sostituito da Giovanni Copertino che completò il mandato fino al 1990.