Sulla questione di rilevanza nazionale ‘Ilva’, la rete di Italia in Comune Puglia fa squadra.
Per la prima volta numerosi soggetti istituzionali e portatori di interesse, particolarmente rappresentativi della comunità ionica, tra i quali anche il Sindaco di Taranto Rinaldo Melucci, hanno stilato un ventaglio di ipotesi di interventi settoriali da sottoporre al Governo per una efficace soluzione della crisi Ilva, che includa il superamento delle controversie giudiziarie.
Intanto il metodo: la nuova trattativa con ArcelorMittal, a detta dei firmatari di quello che è stato definito un ‘manifesto per Taranto’, dovrebbe iniziare solo dopo un corretto e trasparente coinvolgimento degli enti locali e senza l’interruzione del programma di saldo dei crediti dell’indotto tarantino, che quota alcune decine di milioni di euro.
Quindi, la proposta è quella di un ripensamento radicale della governance dello stabilimento con una gestione mista pubblico-privato e con la creazione delle condizioni tali per le quali l’indotto locale possa convertire la sua vecchia esposizione finanziaria (circa 150 milioni di crediti) in quote della nuova fabbrica. Uno schema, questo, che potrebbe coinvolgere anche i lavoratori, sulla scorta dell’esperienza tedesca.
Quanto alle tecnologie, poi, quello che viene richiesto è uno sforzo finanziario e politico diverso e una strategia diversificata tra il breve e il lungo periodo: “In una prima fase, nel breve-medio periodo, si deve aprire ad un mix di altiforni riqualificati e forni elettrici che impieghino materiale pre-ridotto o tecnologie paragonabili in termini di resa ed emissioni; in una seconda fase, nel lungo periodo, si deve giungere alla decarbonizzazione completa, presumibilmente a base di gas, come previsto dalla UE”, si legge nel documento.
Naturalmente attenzione viene posta sul ‘nodo’ ambiente e salute: “Si deve insistere nel riesame dell’Aia richiesto dal Comune di Taranto e si deve dar corso alla introduzione della valutazione del danno sanitario sui futuri incrementi di produzione. Inoltre, è ora che le bonifiche siano poste in capo agli enti locali e lo Stato acceleri procedure e dotazioni, in maniera svincolata dalla produzione di acciaio.”
La strategia ideata non esclude anche gli esuberi e il ‘fallace’ piano industriale di ArcelorMittal Secondo gli amministratori di partito, l’unica strada da intraprendere è quella di “raccontare subito la verità ai sindacati” e farsi carico, da parte dello Stato, di tutti i costi sociali e della ricollocazione dei lavoratori da reimpiegare nel processo di bonifica o in attività socialmente utili sul territorio: “si punti a salvaguardare un reddito dignitoso, non si racconti la favola di un ciclo integrale dell’acciaio immutabile!”
Infine, in materia di investimenti e di infrastrutture, i firmatari scrivono: “occorrono misure legislative, finanziarie e fiscali straordinarie, sia nazionali che comunitarie, per accompagnare la riconversione e le bonifiche almeno per il prossimo ventennio, oltre che per favorire massicci investimenti e insediamenti produttivi nella Zes ionico-lucana, che compensino la riduzione della produzione di acciaio e gli esuberi in quel comparto. Si pensi anche ad una no-tax area e ad un rinnovato sforzo dello Stato verso le carenti infrastrutture di base. Taranto deve diventare il test nazionale di avanguardia del green new deal.” Una riflessione a parte quella fatta per il porto ionico, da ripensare per la sua importanza all’interno di un nuovo modello di sviluppo del territorio.
“Al di fuori degli slogan degli ultimi giorni, il Governo deve rilanciare e rafforzare l’azione del tavolo istituzionale permanente previsto dal Cis Taranto, agire risolutamente su semplificazioni normative e alleggerimento dei vincoli di bilancio degli enti locali: non occorrono altre invenzioni estemporanee per il “Cantiere Taranto” annunciato dal Presidente del Consiglio. La comunità ionica ha vissuto le peripezie di questi due anni, ha subito una gara insensata, ha imparato a sue spese cosa significhi davvero porre tutta questa complessa dinamica nelle sole mani di un privato ed è stata persino mortificata dalla mancanza di dignitose compensazioni socio-economiche, dunque la rigidità dei tarantini oggi discende da queste esperienze dolorose- si legge, in ultimo, nel lungo documento firmato da decine di amministratori- Questa stanchezza e questa sofferenza, tutto il disincanto rappresentano una situazione chiara: o si rende Taranto protagonista della transizione o la gran parte dei tarantini, delle loro Istituzioni e dei loro corpi intermedi saranno ormai pronti a rinunciare del tutto a quella fabbrica.”
Firmatari
I sindaci
Federico Pizzarotti , sindaco di Parma
Michele Abbaticchio, sindaco di Bitonto
Giuseppe Nitti, sindaco di Casamassima
Tommaso Depalma, sindaco di Giovinazzo
Francesco Crudele, sindaco di Capurso
Francesco Marino, sindaco di San Paolo Civitate
Alfredo Longo, sindaco di Maruggio
Davide Carlucci, sindaco di Acquaviva delle Fonti
Pasquale Ciruolo, sindaco di Panni
Francesco Tavaglione, sindaco di Peschici
Antonello Denuzzo, Sindaco di Francavilla Fontana
I consiglieri comunali e assessori
Rosario Cusmai, Foggia
Armando Grassi, Statte
Palmo Mattarrese, Mottola
Vito Rossini, Grottaglie,
Francesco Spina, Bisceglie
Anna Barresi, Trani
Livio Sisto, Bari
Pino Cagnazzo, Copertino
Anna Lillo, Altamura
/Pino Maiorano, Veronica Visotti, Pasquale Castellano, Gaetano De Palma, Rocco Mangini, Mimmo Incantalupo/ Bitonto
Michele Minenna, Grumo Appula
Maurizio Pace,Castellana Grotte
Vito Damato, Terlizzi
Angelo Papio, Monopoli
Gianluca Budano, Cellino San Marco
Giuliana Creatore e Michele Soverino, Rutigliano
Michele Sollecito, Giovinazzo
Mimi Clementini, Modugno
Giancarlo Marinaci, Nardò
Antonio Coro, Montemesola
Albanese Luigia, Fasano
Gianluca Schifone, Oria
Fortunato Mezzapesa, Noci
Irene Turturro, Ruvo
Leonardo Matera, Laterza
Gianni Cataldino, Taranto
Piero Bitetti , Taranto
Vittorio Mele, Taranto
Emidio Albani, Taranto