Un fenomeno che dilapida risorse importanti per l’economia e che interessa da vicino anche il nostro territorio. Si tratta della contraffazione, a causa della quale numerose aziende soffrono la concorrenza sleale di altri prodotti, venduti con il marchio “Made in Italy” per essere più appetibili sul mercato, nonostante siano il risultato di miscele di olii diversi. Questo è solamente uno dei filoni su cui si è articolato il lavoro della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla contraffazione, che ha presentato martedì scorso il bilancio finale della propria attività presso la Camera dei Deputati. A relazionare sul lavoro svolto il presidente Mario Catania, ex-ministro per le Politiche agricole nel Governo Monti, e il bitontino Francesco Cariello, in qualità di vice-presidente della Commissione, assieme a Colomba Mongiello.
La Commissione ha prodotto 10 relazioni che affrontano tutti gli aspetti della contraffazione: dal tema del rapporto fra contraffazione e criminalità organizzata, a quello della contraffazione su web, sino a toccare il settore agroalimentare, con particolare riferimento all’olio di oliva. E proprio a quest’ultimo è dedicata un’intera relazione, nella quale sono stati analizzati i fenomeni illeciti relativi al prodotto.
Fra questi anche il cosiddetto Italian Sounding, ovvero pratiche di produzione e commercializzazione di olio d’oliva contenente una falsa evocazione dell’italianità del prodotto, idonea a far presumere al consumatore un’origine italiana non corrispondente alla realtà. Si tratta di un «problema per cui diverse realtà si muovono sul confine al limite fra legalità e illegalità», ha puntualizzato Cariello nel corso della conferenza stampa.
Il bitontino ha poi continuato: «Il lavoro della Commissione, sarà un caso, si è fondato sulla collaborazione fra tutte le forze politiche, tanto che su quasi tutte le relazioni abbiamo avuto un’unità d’intenti nella difesa del “made in Italy”».
La rivelazione di segreti relativi alla contraffazione dell’olio di oliva, messa in atto da alcune aziende, indagate perchè vendevano il prodotto con il marchio made in Italy nonostante contenesse solo il 16% di olio italiano, sarebbe costata al parlamentare bitontino la ricandidatura nelle fila del Movimento.