Esplorare le intersezioni tra videogiochi e cinema, che da ormai più di due decenni, si incontrano e plasmano il mercato dell’intrattenimento globale e proporre una riflessione sull’evoluzione del media videoludico come espressione culturale e sulle sue capacità di diventare vera e propria forma d’arte.
Ne hanno parlato ieri a Bari intellettuali, game developer, esperti e studiosi di varie discipline provenienti da tutta Europa, nel corso della settima edizione di “Videogames e Alta Cultura”, nell’Apulia Film House di Bari, area della Fiera del Levante. L’evento, a cura di AgeOfGames, è parte di Apulia Digital Experience, organizzata Rai e Apulia Film Commission, dedicata al futuro delle industrie creative.
Sempre più spesso, il cinema si mescola, attraverso brand, narrazioni e modalità espressive, con il mondo videoludico, che genera ormai un fatturato globale di quasi 300 miliardi di dollari all’anno. Un’interconnessione che sta rinnovando le classiche dinamiche narrative del cinema.
«Abbiamo approfondito, insieme ad ospiti internazionali, tutta una serie di criticità, complessità e potenzialità della connessione tra questi media. I videogiochi sono ormai diventati maturi. C’è un audience di giocatori che vogliono contenuti sempre più complessi e adulti e si stanno creando sempre più connessioni con il cinema, ma non solo con quello mainstream delle grandi proprietà intellettuali, ma anche con il cinema d’autore – spiega Fabio Belsanti, Ceo AgeOfGames e curatore dell’evento -. Stanno nascendo videogiochi d’autore. Come potrebbe evolversi il media videoludico? Come potremmo utilizzarlo anche in importanti ambiti della cultura, ad esempio l’educazione? Sono le domande che ci siamo posti con filosofi, artisti, sviluppatori di videogiochi, in questa tavola rotonda internazionale chiamata, in modo provocatorio, “Videogames e Alta Cultura”, perché solitamente i videogiochi sono sempre stati considerati cultura pop. Talvolta, addirittura, non sono considerati neanche parte della cultura. Ripartendo dal grande saggio “Homo ludens” di Huizinga, possiamo affermare con una discreta certezza che i giochi non solo fanno parte della cultura ma che la cultura stessa nasce nel gioco».
L’evento ha proposto, dunque, una riflessione critica sull’evoluzione del videogioco come espressione culturale. I giocatori adulti, infatti, sono sempre più attenti a contenuti complessi e riflessivi e questo trasforma sempre più il settore, apportando maggiore profondità narrativa e sociale e mettendo in luce le capacità del videogioco come mezzo di esplorazione dei dilemmi esistenziali contemporanei.
«“Videogames a Alta Cultura” è un evento unico nel suo genere, molto importante, perché esplora le sinergie, le contaminazioni, i rapporti che quelle opere interattive che noi chiamiamo comunemente “videogiochi” intrattengono con tutti gli altri media. Il cinema sicuramente è quello più interessante da questo punto di vista, perché gli assomiglia in qualche modo. Il videogioco, per tanti anni, lo ha inseguito e si è fatto influenzare. Pensiamo alla Lara Croft di Tomb Raider, evidente versione videoludica dell’Indiana Jones cinematografico. Però negli ultimi decenni abbiamo visto anche come anche il videogioco sia capace di influenzare il cinema nelle inquadrature, nel ritmo serrato e in tutta una serie di espedienti anche di linguaggio. Questa edizione di “Videogames a Alta Cultura” è un momento importante per capire in che direzione si sta muovendo il videogioco, che è senza ombra di dubbio un mezzo di espressione artistica della valenza culturale. Lo era già negli anni ‘70, ma era più difficile accorgersene per cui molti lo trattavano come un giocattolo elettronico o semplicemente uno svago. Ma oggi è assolutamente evidente e, in quanto medium dal valore artistico e culturale, il videogame deve dialogare con la cultura alta, deve dialogare con tutte le fonti del sapere, dell’immaginazione e della fantasia che, a loro volta, possono avere grandi giovamenti e grande arricchimento dal confronto. Il riconoscimento del videogioco come industria culturale al pari delle altre, anzi con numeri ancora più grandi, fa sì che si capiscano le grandi possibilità di occupazione che ci sono per ragazze e ragazzi. Bisogna cominciare a pensare che il videogioco è un’opportunità, non è più rischio, qualcosa che deve destare allarme. Può fare bene, può veicolare e veicola cultura. Ha un valore artistico e può anche aiutare a trovare il lavoro dei sogni a tante generazioni nuove» aggiunge il professor Marco Accordi Rickards direttore del Vigamus – Museo del videogioco di Roma e docente presso l’Università degli Studi di Roma a Tor Vergata.
Numerosa la lista dei partner: Devcom (Germania), Rai, Raicom, Untold Games, Slitherine Group, Troglobytes, IndieDevDays (Spagna), DevTalks (Romania), CNR-Itb, Sism – Società Italiana Storia Militare, Everyeye.it, Nam – Nuova Antologia Militare, Parabellum – Canale YouTube di Storia Militare, assessorato alla Cultura del Comune di Bari, Laboratorio Innovazione e Impresa del Dipartimento di Economia e Finanza – UniBa, Centro Studi Democrazie Digitali, Unisob Medialab, StraniMondi, ArmaVirumque – Rivista universitaria di storia militare di Torino, Associazione Historia Ludens – Didattica della Storia, Vigamus – Museo del videogioco di Roma, 3KMetaludus, Iidea, Game Art Dev, KaleidosGames, Associazione del Centro Studi Normanno-Svevi, DelosDigital, Gamesvillage, Vmag, Fantascienza.com.