“La
bellezza salverà il mondo” , scrisse Fëdor Michajlovic Dostoevskij nel suo romanzo “L’idiota”.
Essa
è condensata nel creato, nella natura, nelle piccole cose, in ogni forma
d’amore, nello sguardo di ogni uomo, nella gentilezza e, soprattutto, nell’arte.
Lo
ha confermato la prof.ssa Carla Abbatticchio, la quale da tempo riesce
a catturare la bellezza attraverso la poesia
che «è panacea di tutti i mali. Permette
di elevarsi al di là della melma reale e di ricrearsi un mondo non perfetto, ma
migliore».
E’
giunta alla IVª edizione il reading dei suoi versi, diretto dalla lettrice
Romina Centrone, che ha avuto luogo nella splendida cornice del loggiato del
Torrione Angioino il 28 agosto e nel contesto del Festival della poesia “Le
corti dei miracoli”, organizzato dal Cenacolo dei poeti di Nicola
Abbondanza.
«Ogni anno cambiano le sequenze tematiche –ci
ha raccontato Carla-, collegate da un fil
rouge, e l’introduzione del reading che ho intitolato “Il mio silenzio”. Per il
forte consenso popolare ho riconfermato la presenza del duo “Respiro” che
ha proposto il suo nuovo brano “Terra mia” in onore della Notte della Taranta.
Devo ammettere di essere soddisfatta del successo di questa edizione per gli
oltre 150 sorrisi».
L’anima
della poetessa bisbiglia nel silenzio, si dipana tra nuove albe e tramonti ed è
capace di materializzarsi in nuova forma durante la notte, il tempo della
quiete e dei pensieri.
I
suoi occhi sognanti racchiudono vita e sembrano essere confine tra due realtà
parallele. Le basta chiuderli per abbandonarsi a un andirivieni tra conscio e
inconscio, come seguisse il moto delle onde del mare, nell’intento di
riscoprire sé e quel che la circonda. D’altronde, è un po’ quel che facciamo
tutti quando l’unica soluzione per rimettersi in piedi, è rifugiarsi nel
proprio angolo di mondo ad ascoltare i nostri assordanti silenzi.
Il
suo sentire, tuttavia, è degno di memoria.
Parte
da una realtà abbastanza attuale, quella dei migranti nella sequenza “Nell’oceano
magico della poesia la voce dell’accoglienza”.
Il
male si è innescato con il peccato originale nell’uomo e si spera possa
abbandonarlo col tempo come fosse rosa purpurea in terra arsa ( si legge questo
in “Un’immagine appena”).
L’uomo
è capace di uccidere, ma sembra non prevalere fortunatamente sul miracolo della
vita come ha testimoniato il piccolo Aylan (la cui storia è catturata in “Foto”)
o Abdel, che vive a Bari e si spera non
“rischierà l’indifferenziata
dell’umanità” (“Abdel e gli altri”). E noi occidentali continuiamo a
perderci in una valanga di bugie, nel troppo parlare mediatico che finisce per
insabbiarsi. Il mondo deve rialzarsi, regalarsi un domani e avere le mani
protese sempre verso l’altro (“Il domani”).
Sentire
significa riuscire a percepire ciò che ci rende vivi e, inevitabilmente, per Carla
è “Elegia dei sentimenti”.
Nell’amara
afasia della realtà quotidiana c’è l’amore, inteso come sentire universale che
permette all’uomo d’essere l’Ulisse dei cuori (“La conquista dei sentimenti”).
Si
fatica, al giorno d’oggi, nel provare amore genuino, senza maschere e fronzoli,
quello che non ha bisogno di dare per ricevere, che è capace di far coincidere la
propria felicità con il sorriso e la libertà dell’altro. Si sconfina spesso nel
possesso e nell’ossessione, nell’amore malato o più conosciuto come femminicidio.
“Bisogna aggrapparsi all’amore solare
come una gruccia” (“L’allegria triste di un tango”).
Tale
sentimento è più vecchio del mondo, attraversa la nostra pelle, il tempo e ci
nutre (“Amore: medium tra anima e vita”). Ha diverse sfaccettature, tra
cui quella che capta il bello nella natura, il cui aspetto è particolare nel
ciclo delle stagioni. L’autunno, soprattutto, è il momento confinante tra la
caducità di cupi colori e il miracolo del risveglio, metafora della speranza di
una vita migliore (“L’autunno”).
Il
percorso poetico viene alleggerito in “Negli ipogei sotterranei del cuore,
schegge di alchimia”, dove si passa dal leggere l’anima del povero che si
contrappone al ricco (in “Gli angeli del buio tra tetti erosi”) all’elogio
della ricerca di paradisi perduti nella natura (“Profusione”). Con “Un
pensiero” e “L’abbraccio dell’universo”, Carla ha continuato a
descrivere le cose belle che ci circondano: dal cielo alla purezza delle
cattedrali.
La
natura è onnipresente nella vita dell’uomo e nell’ardore del suo sentire, come
la poetessa ha dimostrato nella sequenza “Polifonia di versi”. Il ghirigoro
cangiante dei suoi colori assomiglia a “L’uomo dai mille volti”, ognuno
dei quali va amato. Bisogna credere in albe migliori, in una continua primavera
(“Fari su croste di ghiaccio”), nell’alchimia delle piccole cose (“E…ci
si scopre vivi”).
Carla
ha concluso il suo percorso poetico con un messaggio positivo: “Se imbambolato in fumoso ombroso tragitto
pensa: sei solo nel viaggio di amore senza amore, ma sei sole nel viaggio di
amore. Ora o mai più ascetico amen”.