Bastano semplici numeri, a volte, per spiegare un fenomeno: 28 milioni di persone
attive sui social network; 22 lo sono anche tramite smartphone e Ipad
e Tablet, una delle ultime frontiere della tecnologia; 2 ore e mezza
il tempo passato ogni giorno online tra Whatsapp (in testa tra le
piattaforme e le app più utilizzate), Facebook e Facebook messenger.
Cifre
che spiegano come, nel mondo del web e della sua evoluzione, il web
2.0, è necessario essere social, postare video su Youtube o avere un
profilo Facebook, Twitter o Instagram per essere qualcuno, per
esistere, per sentirsi meno soli, per avere rapporti sociali, per
diventare il più cliccato e il più seguito della rete.
Eccola,
allora, l’era del Selfie
made man, l’uomo
che si promuove o si autodistrugge, dà segni di visibilità, di
esistenza attraverso semplici autoscatti. Addio al Cogito ergo sum di
cartesiana memoria, dunque.
E
anche la comunicazione (per non parlare dell’informazione, ci
mancherebbe altro) è stata travolta da questa valanga, si è
adeguata, anzi è stata adattata alle esigenze dei tempi che corrono.
Questi
temi sono stati al centro, qualche sera fa, di un dibattito
organizzato dalla web agency Comma3 di Raffaele Moretti,
patrocinato dal Comune, che aveva il daBITONTO come media partner, e moderato da Mario Sicolo, il direttore della testata.
Comunicazione
e informazione, allora. Perché oggi accade che «chi
possiede più informazione e mezzi di comunicazione – ha
analizzato Piero Intonti, web
design e social market
– è
molto più potente e chi non li possiede o ne possiede pochi. Si è
passati da una comunicazione una a molti a molti a molti, ma
soprattutto a una sempre più immediata, a cinguettii, rapida,
essenziale, flessibile e dinamica».
Navigare
in rete, avere una pagina sui social network serve anche alle
imprese. Per accorciare la distanza con il mercato e con i clienti.
Lo sa bene Nicola Perrelli, direttore
generale del Master explorer Tour Operator, che ha sottolineato come,
grazie all’apertura di una pagina social e a una cura più attenta e
certosina della comunicazione, ha moltiplicato i numeri dei
followers.
Già,
i followers. Parola inglese che sta a significare seguaci, amici,
inseguitori. E nel mondo virtuale e società liquida di oggi, chi ne
ha di più, chi riesce ad avere più visualizzazioni su youtube,
vince. E vive.
Ne è a conoscenza anche Uccio De Santis, lo showman forse più famoso di
Puglia. Anche lui – ipse dixit – fino a qualche mese non
utilizzava Facebook. Poi un suo fan ha creato la pagina e da allora
il comico barese ha iniziato a collezionare amici su amici, seguaci
su seguaci. A piazzare qualche barzelletta di Mudù,e
a farsi conoscere anche fuori dai confini del tacco d’Italia. Ma è
lui stesso a domandarsi: «Dove
si potrebbe arrivare tra un paio d’anni? Dei 5mila amici che abbiamo
su Facebook, chi davvero lo è nella vita reale?». Aspetti
da non sottovalutare.
C’è
chi poi utilizza i social per fare politica. Per comunicare
direttamente con i cittadini le ultime novità che arrivano dal Palazzo. Il sindaco Michele Abbaticchio. «Uso
i social network per lavoro – ha
ammesso -. Oggi
dobbiamo entrare nell’ottica che ai cittadini non interessa più la
programmazione, ma risposte concrete e immediate».
Per
l’occasione è stata allestita una mostra dal titolo “Storia
del Selfie attraverso i Selfies”,
con le tavole originali di Domenico Sicolo.