Può essere che nel giorno in cui a Mariotto si raccolgono le firme per il de-fibrillatore, un manipolo di mariottani impavidi e un po’ folli facciano “fibrillare” un teatro pieno di bitontini scompisciati dalle risa per la commedia Scampamorte?
Sì, può essere. Anzi, è successo proprio due giorni fa, domenica, all’Auditorium De Gennaro di Bitonto.
Essendo anch’io parte della matta combriccola, dovrei elegantemente astenermi dal parlarne. Ma, dato il mio apporto men che marginale all’impresa, non lo farò e, anzi, gettando la deontologia alle ortiche, mi dilungherò volentieri due righe, giusto lo spazio per esprimere, e con piacere condividere con i miei concittadini mariottani, una sensazione che non provo mai, per pruderie, o chissà perché.
E’ come una vaga percezione, ma forse qualcosa in più, direi un vero e proprio sentimento, di cui ieri ho provato il piacevole solletico, stando lì, sul quel palcoscenico con i miei amici di Mariott’Arte, stavolta lassù con loro, e non in platea con un taccuino in mano.
Alludo a qualcosa che somiglia molto alla fierezza, anzi Fierezza con la effe maiuscola, quella che si prova quando intuisci l’approvazione altrui nel fiammante sguardo, lucido di gioia ed orgoglio, che ti punta con precisione non casuale, e ti blandisce.
Ieri, poco prima della mezzanotte in quel di Bitonto, mentre i riflessi dorati del palcoscenico sfavillavano ancora, e gli abbacinanti fari del Service ti puntavano dritto negli occhi, si riusciva a vedere anche un’altra, più intensa luce, che si apriva un varco in quell’apoteosi finale, e che brillando scaldava le sensibilità nostre: era la luce dei sorrisi convinti e appagati di quegli spettatori che, col simbolico e gratificante tributo della STANDING OVATION, ha saputo lusingare tutti noi, emozionandoci.
La sensazione che si prova stando sul palco è di quelle che ti porterai dentro per tutta la vita, come un fulgido, indelebile fotogramma della memoria.
Grazie Mariott’Arte, orgoglio di un paese che cresce nell’amore dei suoi cittadini.