È
giusto che una donna musulmana che vive in Europa continui a coprire
il volto? Ed è giusto proibirglielo, limitando la sua stessa libertà
d’espressione? Ma, in realtà, cosa rappresenta il velo e qual è la
sua storia?
E,
soprattutto, cosa sono state veramente le Primavere arabe?
Anche
a queste risposte cerca di rispondere Nicola Lofoco, giornalista e
blogger (attualmente scrive per il blog
dell’Huffington Post) nel libro “Quel
velo sul tuo volto”, che
presenterà domani al Torrione Angioino.
Parlare di
velo (qualunque esso sia, Hijab,
Niqab, Burqa, Chador) significa raccontare da un lato di
libertà religiosa e culturale, nessuna rinuncia a una
modernizzazione degli stili di vita o al rispetto delle regole –
anche laiche – occidentali, dall’altro lato sottolineare la propria
identità nel tentativo di integrazione nella società occidentale.
«A
conferma di ciò – si legge nell’introduzione di
Salvo Andò – si
evidenzia come l’Islam d’Occidente, per quanto fermo nel rivendicare
l’integrazione in forme sempre più incisive, non pare disposto a
mettere in discussione le abitudini sociali proprie dei paesi
d’origine».
Che
la donna islamica, poi, sia costretta a portare il velo lo dice il
Corano. Nella Sura numero 24. La religione musulmana, però,
l’ha interpretata e applicata in maniera diversa.
L’evento
rientra nel vasto programma di “Memento”, l’ampio progetto
comunale per non dimenticare la Giornata della memoria (il 27
gennaio) e le Foibe (10 febbraio) e, in modo particolare, di “Dalla
paura al coraggio. La storia attraverso le storie”,
il pacchetto di eventi organizzato dall’European language school.
Orario
di inizio alle 19.30.
Dialogheranno
con l’autore Vincenzo Robles, docente di Storia del cristianesimo e
Michele Cotugno Depalma, giornalista.