Che Lino Banfi abbia interpretato, in uno dei suoi tanti film, un bitontino, non desta alcuno stupore. Non lo è nella realtà, ma di certo non ha mai nascosto la sua pugliesità. La sua carriera è piena zeppa di battute basate sul suo provenire dal tacco d’Italia. Ma che un genovese come Tullio Solenghi dica in un film «Ma io sono di Bitonto!», un po’ di ironia e stupore li provoca.
Il film è “La moglie in vacanza, l’amante in città”, commedia del 1980 diretta da Sergio Martino con Barbara Bouchet, Edwige Fenech, Pippo Santonastaso, Renzo Montagnani e, appunto, Lino Banfi e Tullio Solenghi. Una classica commedia ricca di equivoci, di quelli di cui la nostra comicità è piena. La storia narra le vicende dell’industriale parmense Andrea (Renzo Montagnani), che si trova ad un invidiabile bivio: deve scegliere tra sua moglie Valeria, Barbara Bouchet, e la sua amante Giulia, Edwige Fenech. Quest’ultima lo pressa, ma Montagnani non se la sente di lasciare l’ignara moglie, che, al tempo stesso, frequenta il conte Giovanni di Sanseverino. Finto conte perché, in realtà, non è nobile ed è nato a Bitonto. Si tratta, appunto, di Solenghi, nei panni di Giovanni La Carretta. Approfittando dell’assenza dei veri conti e della parentela con il maggiordomo, suo cugino Peppino (Lino Banfi), Solenghi si improvvisa aristocratico per corteggiare Valeria. A complicare la situazione, tuttavia, è il fatto che, in realtà, è dipendente della ditta di Andrea, il marito della sua amante.
Ignaro della situazione, il personaggio di Montagnani, durante una vacanza a Courmayeur, lo obbligherà a raggiungerlo e a fingere non solo di essere l’amante di Giulia, ma di essere un imprenditore milanese. Un modo per non insospettire sua moglie.
«Ma io sono di Bitonto!» è la sua risposta all’ingrato e pericoloso incarico. Risposta a cui Montagnani replica infuriato: «E allora farai un industriale milanese nato a Bitonto, bicretino!».
Ad accompagnare a Courmayeur Giovanni, suo cugino Peppino, costretto a subire le sue angherie e a fingersi omosessuale (con scarsi risultati) di fronte alla bellissima e provocante Valeria, da cui vuole recuperare una costosissima pelliccia che lei ha preso dalla dimora dei conti di Sanseverino. Una ricerca che gli sarà fonte di mille disavventure, tra cui il trovarsi di fronte ad un musicista russo molesto che lo farà ubriacare con vodka clandestina.
Ed è proprio al russo che il personaggio di Banfi rivelerà di essere anche lui musicista e di suonare la grancassa nella banda di Bitonto. Lo strumento, alle orecchie dell’eccentrico sovietico, diventa la “grancacca”.
Una trama ingarbugliata, classico elemento di quel genere di film, che non può che sfociare in equivoci esilaranti, che accompagneranno le vicende dei personaggi fino alla fine del film.