Una donna che voglia essere sé stessa, con la sua dolcezza e la sua tenacia, con la sua fragilità e la sua forza, ha da essere “ribelle” per destino. Una battaglia combattuta ogni giorno in nome della sua femminilità. Sono passati i tempi di Beatrice dei Donati e Lucia Mondella, ma pure di Yoko Ono e Tina Turner, oggi si prediligono comodi stereotipi che imprigionano le rappresentanti del sesso debole – iniqua locuzione – nelle acefale mannequines. Poi, di donne eccelse è pieno il mondo, ma chi lo sa? A riportare la giustizia nella stolta lotta di genere e raccontare figure memorabili che hanno scritto la storia col loro lucente essere donna, ha provveduto qualche giorno fa su un palco bastevole – grazie alla provvida opera di Gaetano Napoli alle luci e ai suoni – Damiana Riccardi, nume del gruppo socio culturale “Noi che“, col suo “Ribelli“, spettacolo a quadretti suadenti alternati a vigorose recitazioni, che ha illustrato le vicende più significative di questo cammino lastricato di sorrisi e gioie, ma soprattutto di lacrime e sangue. Le letture decise di Fiorella Carbone hanno delineato le coraggiose rivendicazioni delle donne fra gli anni Sessanta e Settanta, il movimento femminista e pure le sue contraddizioni. La piccola grande, grandissima Rina Faccio, famosa al mondo specie letterario col nome di Sibilla Aleramo (una commovente Marzia Colucci) resiste alle angherie del tiranno Ulderico Pierangeli (un eccelso Giò Devanna), sposato per porre rimedio ad una terribile violenza, e salva così la dignità e l’eternità del suo esempio. “Imagine” di John Lennon, il tappeto musicale, splendido e pensoso al contempo, che ha introdotto alla seconda parte. Damiana ha fatto rivivere con toccante realismo la biografia di Oriana Fallaci, inviata speciale e scrittrice impavida e pluripallica (mi sia concessa la breriana licenza), una che ha “fatto politica scrivendo e vivendo”. Una sorta di inno alla libertà, alle passioni, alla singolar tenzone con la morte sfiorata più d’una volta, all’indipendenza contro il retrivo potere patriarcale e matriarcale. Persino lo strazio d’un sogno spezzato per un bimbo mai nato. Per concludere dolorosamente che “Nulla è cambiato”. Con la consapevolezza che abbandono, solitudine, paura e disperazione spingevano agli aborti clandestini. Insomma, l’universo femminile per Riccardi – voce recitante di Cristina Nanocchio – è “idea importante, assurda, eccezionale, incredibile, folgorante, genialità, follia e fantasia. Ma pure parole in bilico tra maschere e volti, menzogne e verità. E delusione, tanta, amarezza, pianto e rabbia fra malinconia e solitudine”.