«Erano le bandiere in cui avevo sperato, ma portavano morte e distruzione. […] E i padroni, sempre gli stessi, dalla parte dei vincitori».
Si può riassumere in queste due semplici, ma significative battute, pronunciate dalla celebre voce di Michele Placido, il senso dello spettacolo “La storia bandita” che ogni anno va in scena, nei weekend estivi, nel Parco della Grancia, a Brindisi di Montagna, provincia di Potenza.
Uno spettacolo che merita di essere visto già solo per la bellezza del paesaggio.
Il palco è, infatti, un anfiteatro naturale ai piedi del monte che ospita il paesino e le rovine del castello Fittipaldi. Se poi aggiungiamo che la vicenda narrata è la nostra storia, vien fuori quello spettacolo che, da sedici anni, va in scena ogni anno attirando decine di migliaia di spettatori da tutta Italia.
I costumi dell’epoca, gli spettacolari giochi di luce e la bravura dei tanti attori impegnati fanno il resto.
Una storia, quella raccontata, bandita per due motivi.
Perché non è raccontata nei libri di storia su cui ci siamo formati nelle scuole e perché il protagonista è Carmine Crocco, un bandito o, meglio, un brigante, secondo la definizione che fu data agli insorti nel Mezzogiorno ai tempi dell’Unità d’Italia e prima ancora dai francesi durante le rivoluzioni di fine ‘700.
Briganti perché si ribellarono agli inganni di un’unificazione che sin da subito si rivelò come invasione. Briganti e non combattenti, patrioti, solo perché dalla parte dei perdenti.
Una storia del Sud, che riguarda anche Bitonto, luogo di nascita, con la vittoria degli spagnoli sugli austriaci, dello sconfitto Regno delle Due Sicilie.
“La storia bandita” attraverso le voci di celebri artisti come il già citato Michele Placido, Lina Sastri, Orso Maria Guerrini, narra le vicende prima dello zio del protagonista, Martino, ex sergente maggiore dell’artiglieria napoleonica, ribellatosi in seguito ai francesi, poi di Crocco, la cui storia è anche narrata nel film “Li chiamarono Briganti” di Pasquale Squitieri, dove ad interpretare il brigante vi è Enrico Lo Verso.
Dapprima garibaldino, in fuga per aver disertato l’esercito borbonico e per alcuni reati commessi, tra due omicidi, partecipò ai moti liberali. Ma l’entusiasmo che l’aveva portato ad indossare la camicia rossa garibaldina svanì quando gli fu negata e quando vide il suo popolo, negli anni post-Unità, vessato dagli stessi che avevano spadroneggiato nelle sue terre con il precedente governo, con nuove tasse da versare ad uno Stato non riconosciuto e con un servizio di leva che affamava le persone togliendo braccia alla principale attività economica, l’agricoltura.
E così decise di unirsi alla causa di Francesco II, pur non avendo mai avuto simpatie per i Borbone, ed entrare tra le bande di briganti che si ribellarono all’esercito italiano.
Lo spettacolo descrive i principali eventi che hanno segnato la vita di Crocco, dall’incontro con il Generale Borjes al tradimento del suo luogotenente Caruso.
Un tuffo, dunque, nel nostro passato, quello di un Sud depredato, ingannato e umiliato, che fa riflettere, perché se le vicende raccontate si sono svolte oltre 150 anni fa, le conseguenze le viviamo ancora oggi.
“Avevamo una sola scelta: o briganti o emigranti” conclude la voce di Placido nel monologo finale.