Finisce sempre così, nel buio.
Le luci, i colori, i passi, i sorrisi, gli abbracci, un
segno di croce ed una Ave Maria.
Proprio lei, Maria, mamma di tutti e della città, in
questi giorni ci ha tenuti tutti per le strade a riassaporare l’odore delle
nostre strade.
Quelle con le buche, quelle sistemate, quelle amate,
quelle odiate, quelle in cui ci si apparta e quelle in cui ci abbiamo lasciato
un pezzetto d’infanzia.
E al rallentatore ripensi al lavoro di chi mesi prima
ha pensato ad un bimbo, a come dovesse muovere i suoi passi: si son messe su
culle di luci, fiocchi di seta, trapunte di un cielo splendente – a tratti poco
clemente -, carillon in piazza di canti che potessero farlo felice.
E dov’è la felicità se non in una città che si tinge di
meraviglia, si stringe, s’avvicina con emozione – che si creda o no nel miracolo non importa, stiamo parlando qui del senso di comunità, fugacemente recuperato – ad omaggiare la Patrona?
Si è tutti lì, con il naso all’insù, tra un abbraccio ed
una promessa, a guardar piovere dal cielo la luce, d’ogni tinta e virtù
vestita.
Forse l’unico motivo che ci fa alzare ancora gli occhi
al cielo…
Finisce tutto così, col buio. Ed è quel buio che si
porta dietro la melanconia della festa, quando il divertimento sfuma e tutto
finisce come una piccola morte.
La festa è finita: ma chissà ci resti quel guizzo di
puerile felicità nel cuore, che lo sguardo si perda ancora nei luminosi sorrisi di quel
bimbo che ogni anno torna a trovarci.