Lo storico Vincenzo Robles ha scritto un libro denso e coinvolgente “Volti, voci, silenzi – Bitonto e la guerra (1914-1918)” Raffaello Editore, che costituisce un contributo importante al “restauro” della casa comune della memoria cittadina, un edificio pericolante e poco frequentato, quasi disabitato. Il nostro non è un tempo propizio della memoria. Viviamo quello che Pasolini aveva intravisto con una delle sue profezie e cioè la dittatura del presente. Vale solo quello che appare, che sfioriamo, che bruciamo qui ed ora. Continuando a vivere solo il presente, magari a colpi di virtuali “mi piace”, abbiamo bruciato il passato dietro le nostre spalle. Siamo preda di un consumismo devastante e generalizzato che travolge ogni aspetto della nostra vita. L’aggettivo comune poi, vive tempi ancora più grami della memoria: individualismo, disgregazione, liquidità. Vi è poco o nulla di “solidus” nelle nostre vite: la solidarietà non è più una virtù. “La perdita della memoria morale – ha scritto Dietrich Bonhoeffer – è il motivo dello sfaldarsi di tutti i vincoli. Niente resta, niente si radica. Tutto è a breve termine, tutto ha breve respiro. Ma beni come la giustizia, la verità, la bellezza e in generale tutte le grandi realizzazioni richiedono tempo, stabilità, memoria, altrimenti degenerano. Chi non è disposto a portare la responsabilità di un passato e a dare forma a un futuro, costui è uno smemorato. Il libro di Robles ci mette in guardia da questo rischio della smemoratezza e ci invita a recuperare tre dimensioni, a loro volta, perdute: i volti, le voci i silenzi. Nulla più del volto dice l’irripetibile identità di una persona. Oggi quali volti non vogliamo incrociare? Quali voci e quali silenzi non vogliamo ascoltare? Robles non riscrive la storia, la guarda e la descrive dalla parte degli ultimi, degli uomini e soprattutto delle tante donne ignote, che rimasero sulla “trincea” di una città del Sud al tempo della guerra: ne emerge il racconto di una Bitonto viva, operosa, solidale pur nelle tante ombre di un tempo così difficile. E così possiamo come risentire il profumo del pane prodotto dal Comune per calmierare i prezzi, lo scorrere dell’acqua nelle prime fontane pubbliche e riassaporare il latte comprato per i poveri e per i malati le mele granate per la merenda dei giovani studenti. E fu per difendere il loro dovere allo studio da “pericolose distrazioni”, che la giunta comunale negò il permesso per la costruzione di una baracca in legno per le proiezioni cinematografiche. E come non pensare a Sulmone Calia, un piccolo eroe borghese, un umile impiegato comunale che lavorò gratis, senza chiedere straordinari, per istruire le pratiche degli orfani di guerra . O le sartine che confezionarono sciarpe e vestiti per i soldati al fronte. E i cinque contadini di Palombaio multati per aver aperto l’uscio della loro abitazione casa per difendersi dal caldo, in una sera di giugno, e aver svelato che in casa c’era la luce accesa nonostante il divieto e le restrizioni Chi lo racconta ai nostri ragazzi che i nostri braccianti lottarono per vedere ridotto la loro giornata lavorativa da dodici a dieci ore? I nostri contadini aspettano ancora che qualcuno dedichi loro un monumento, come ardentemente auspicato dall’avv. Carmine Gallo. La Bitonto ricca di 18 circoli culturali, di 15 parrocchie, di insigni istituti scolastici come il nostro glorioso liceo, che seppe vivere e tramandare un vivo e edificante “umanesimo laico” come lo definisce Robles. Una Bitonto che nel 1914, con grande apertura e solidarietà seppe, contemporaneamente, aiutare i cittadini di Mariotto colpiti da una devastante alluvione, senza dimenticare, ascoltando il grido di dolore del loro vice console di Bari, i cittadini belgi che gli invasori tedeschi avevano cacciato dai loro “domestici focolari”. Una città che seppe accogliere i profughi vivendo l’esperienza di questi nuovi incontri, l’arrivo di intere famiglie cacciate dalle loro case, prive di ogni sicurezza, allargando i propri orizzonti umani. Dunque la storia, anche a Bitonto, come maestra di vita, ma vogliamo noi, specialmente oggi, ascoltarne le lezioni?