«Senza la città
non esisterebbe la filosofia», afferma Ottavio
Marzocca, moderatore della prima delle tre serate di “Filosofi in città”, un progetto giunto alla sua seconda edizione
presentato per la prima volta a Bitonto.
«Si
vuole dimostrare come lo spazio cittadino prenda forma a seconda delle nostre
relazioni», dichiara il vicesindaco Rosa Calò.
L’iniziativa ha visto impegnate diverse classi delle
scuole superiori nelle mattinate di venerdì, sabato e domenica. Sono stati
realizzati degli esperimenti sociali in diversi luoghi della città.
Venerdì 16 settembre alcuni ragazzi sono stati
impegnati in un giro “turistico” per la città dove hanno potuto scoprire alcune
meraviglie bitontine, altri si sono dilettati in una performance in piazza
Cavour, scombussolando così la monotonia di un luogo che vede e sente sempre le
stesse cose. I diversi gruppi hanno interpretato i ruoli più bizzarri: dalle
lavandaie che usano la fontana comunale per smacchiare i loro abiti ai
pescatori convinti di poter acchiappare qualche pesce dal fossato che circonda
il Torrione angioino. Le telecamere hanno ripreso tutta la scena riproponendola
in serata durante il meeting tenuto
sulla terrazza del Torrione. Gli ospiti dell’incontro sono stati Petar Bojanic, Dario Gentili e Francesco
Careri che si sono interrogati sul rapporto tra la filosofia e la città,
sull’importanza del corpo nello spazio cittadino e sull’influenza dell’architettura sulla storia della città.
«Socrate dialogava con i suoi
concittadini, usava la critica, si rapportava con loro –suggerisce Marzocca -. Non faceva
disporre sedili per gli uditori, non sedeva in cattedra, non aveva orari. La città, invece, ha tradito
Socrate, ha tradito la filosofia. Lo ha mandato in prigione, lo ha avvelenato. E da lì è entrato in crisi il rapporto tra
città e filosofo. Una crisi a cui sono susseguite due risposte: da una parte quella di Platone, che pur
mostrando un certo interesse per la politica e le leggi della città, se ne
allontanò ritenendosi superiore; dall’altra
quella di Diogene il quale viveva in città, la scandalizzò, la insultava,
dimostrava agli abitanti che, dedicandosi ai loro miseri interessi, loro
tradivano sia la filosofia che la cittadinanza».
Da questo spunto, ha avuto inizio un dibattito molto
interessante incentrato appunto sui “corpi
e lo spazio di cittadinanza”.
Sabato 17 settembre gli studenti hanno occupato piazza
Moro svolgendo esercizi ginnici e lo spazio che precede l’ingresso al cimitero
con un flash mob, mettendo in pratica il tema dei corpi femminili in rapporto
alla cittadinanza. Anche questi sono stati ripresi e i filmati presentati
all’incontro serale. Florinda Cambriae Federica Giardini sono intervenute
riguardo l’argomento. La moderatrice è stata F. R. Recchia Luciani.
«Sia
la parola femmina sia la parola donna hanno matrice greca. Il primo vocabolo va
inteso come generatrice, il secondo significa ‘natura’. Due termini diversi
oggi vengono intesi come sinonimi. È un
luogo comune pensare alla donna come a colei che ha il solo potere di generare,
è per questo che determinati spazi pubblici devono ancora essere conquistati
dalla donna», ricorda la Cambria.
Ieri si è svolta l’ultima giornata dell’evento dedicata
ai corpi letterari e gli spazi metropolitani. Durante la serata sono
intervenuti Gianluca Cuozzo e Daniele Giglioli. Daniele Pegorari ha moderato la
discussione.
Le tre giornate sono state possibili grazie al Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università
degli Studi di Bari “Aldo Moro”.
La filosofia, per quanto possa sembrarci futile, sterile,
domina la nostra vita, il nostro corpo, i nostri rapporti, «L’esercizio filosofico è una pratica di
cittadinanza, è un modo di stare al mondo – ci ricorda Giusi Strummiello esattamente come la cittadinanza».